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La transizione ecologica in azienda tra strategie di decarbonizzazione e tecnologie green

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La transizione ecologica in azienda tra strategie di decarbonizzazione e tecnologie green

La transizione energetica ha superato la fase delle mere dichiarazioni di intenti per entrare in una dimensione squisitamente operativa. Non è più una questione di “se” decarbonizzare, ma di “come” e “quanto velocemente”. Mentre gli obiettivi fissati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) al 2030 si avvicinano, emerge con chiarezza una realtà ineludibile: la sola volontà politica non è sufficiente.

 

In un contesto segnato dalla volatilità dei prezzi e da una crescente domanda di sostenibilità, la tecnologia cessa di essere un semplice strumento per diventare l’architrave su cui costruire un nuovo paradigma di competitività.

 

Le fondamenta della transizione

Il percorso verso un futuro a basse emissioni non parte da un foglio bianco, ma poggia su fondamenta tecnologiche solide e pienamente operative. Queste soluzioni, che hanno superato da tempo la fase sperimentale per affermarsi come pilastri del mercato, costituiscono il motore attuale della decarbonizzazione italiana. Non rappresentano una promessa futura, ma un asset strategico presente, capace di attrarre investimenti significativi e generare valore tangibile e misurabile fin da oggi.

 

Il fotovoltaico e l’eolico

Al centro di questo scenario si colloca la generazione da fonti rinnovabili, con il fotovoltaico a guidare la carica in termini di capacità installata e potenziale di crescita, seguito a stretto giro dall’eolico. La loro affermazione è il risultato di decenni di innovazione che hanno portato a una drastica riduzione dei costi e a un’efficienza senza precedenti.

Questa maturità tecnologica ha trasformato le rinnovabili in una classe di asset estremamente attraente per gli investitori, offrendo flussi di ricavo stabili a fronte di rischi operativi e manutentivi ormai estremamente contenuti.

 

Il risultato è la creazione di un ecosistema maturo di sviluppatori, costruttori e operatori, che costituisce una filiera industriale solida e competitiva.


La visione strategica, tuttavia, non si limita alle nuove installazioni. Un potenziale ancora in gran parte inespresso risiede nel repowering del patrimonio esistente. L’aggiornamento tecnologico degli impianti fotovoltaici ed eolici installati nei primi anni 2000, sostituendo componenti obsoleti con moduli e turbine di ultima generazione, rappresenta una straordinaria opportunità di ottimizzazione.

Questa pratica consente, infatti, di incrementare in modo significativo la produzione energetica, spesso raddoppiandola, a parità di suolo occupato, rispondendo così in modo intelligente alla duplice esigenza di produzione energetica e tutela del territorio.

 

Il biometano per l’industria

Parallelamente all’elettrificazione, emerge il ruolo insostituibile del biometano, la cosiddetta “molecola verde”. Questa fonte energetica si conferma come una soluzione importante e immediatamente disponibile per la decarbonizzazione dei settori hard-to-abate.

Industrie come il siderurgico, la vetraria, la ceramica e le raffinerie necessitano di calore ad alta temperatura per i loro processi, un fabbisogno difficile da soddisfare con la sola elettrificazione.

Il biometano, essendo chimicamente identico al gas naturale ma di origine rinnovabile, si inserisce perfettamente nelle infrastrutture esistenti, offrendo una via pragmatica per ridurre l’impronta carbonica senza stravolgere i cicli produttivi. L’obiettivo fissato dal PNRR di raggiungere una produzione di 5,7 miliardi di metri cubi annui entro il 2030 non è solo un target ambizioso, ma il riconoscimento del suo valore strategico per la competitività e la sostenibilità del nostro tessuto industriale.

 

Lo stoccaggio energetico

Se le rinnovabili sono la spina dorsale, lo stoccaggio energetico (storage) è la chiave di volta che garantisce stabilità ed equilibrio all’intero sistema. I sistemi di accumulo, veri e propri magazzini di energia, rappresentano un cambio di paradigma epocale, poiché risolvono la sfida principale delle fonti rinnovabili: la loro intermittenza.

Il sole non splende di notte e il vento non soffia a comando; lo storage permette di disaccoppiare il momento della produzione da quello del consumo.
Questa capacità di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso durante le ore di picco (ad esempio, a metà giornata per il fotovoltaico) e di rilasciarla quando la domanda è alta e la produzione è bassa (ad esempio, la sera) offre una flessibilità senza precedenti.

Garantisce la resilienza della rete elettrica, fornisce servizi essenziali di bilanciamento e stabilizzazione e riduce la necessità di ricorrere a centrali a combustibili fossili per coprire i picchi di domanda.

 

Lo stoccaggio non è una tecnologia complementare, ma il catalizzatore fondamentale che abilita un’integrazione massiccia delle rinnovabili e, di conseguenza, apre la strada a un più profondo e capillare efficientamento dei consumi a livello di sistema.

 

Le nuove frontiere dell’innovazione energetica

Se le tecnologie mature costituiscono le fondamenta solide e operative del nostro presente energetico, la decarbonizzazione profonda del sistema economico richiede di guardare oltre, verso un orizzonte di innovazioni strategiche. La crescente elettrificazione dei consumi, dai trasporti all’industria, comporterà infatti un aumento esponenziale della domanda di energia elettrica, un fabbisogno che le sole rinnovabili intermittenti potrebbero non essere in grado di soddisfare in modo stabile e continuo.

È qui che entrano in gioco le tecnologie di frontiera: soluzioni visionarie che oggi sono in fase di sviluppo avanzato ma che domani si candidano a diventare pilastri complementari e indispensabili del nostro mix energetico.

Lontano dall’immaginario e dalle criticità tecnologiche del passato, il nucleare di nuova generazione (o nucleare avanzato) sta vivendo un vero e proprio rinascimento a livello globale. Non si tratta più dei reattori di seconda o terza generazione, ma di un insieme di tecnologie di III+ e IV generazione, inclusi i promettenti SMR (Small Modular Reactors), progettati secondo una filosofia di sicurezza passiva. Questo significa che i sistemi di sicurezza non dipendono da interventi attivi, ma da leggi fisiche fondamentali, come la gravità o la convezione naturale, rendendoli intrinsecamente più sicuri e meno soggetti a errore umano. 

Oltre alla sicurezza, questi nuovi impianti sono pensati per essere più efficienti, produrre meno scorie radioattive, con un tempo di decadimento più breve, e operare con cicli di vita più lunghi e costi di gestione inferiori. In un mondo che necessita disperatamente di energia stabile, programmabile (baseload) e a zero emissioni per affiancare la produzione intermittente di sole e vento, il nucleare avanzato si pone come un alleato strategico. Non è un caso che diverse potenze mondiali (da Francia e Stati Uniti al Regno Unito e alla Cina) stiano investendo miliardi in questa tecnologia, e che la stessa Unione Europea l’abbia inclusa nella tassonomia verde, riconoscendola come un tassello fondamentale per la transizione, a patto che sia implementata nel rispetto dei più rigorosi standard di sicurezza e gestione dei rifiuti. 

L’idrogeno verde si candida a diventare il vettore energetico per eccellenza di un’economia completamente decarbonizzata, il “coltellino svizzero” della transizione. A differenza dell’idrogeno grigio (prodotto da metano) o blu (prodotto da metano con cattura della CO₂), quello “verde” è generato attraverso l’elettrolisi, un processo che utilizza esclusivamente elettricità da fonti rinnovabili per scindere la molecola dell’acqua (H₂O) in idrogeno (H₂) e ossigeno (O₂), senza emettere gas climalteranti.
La sua versatilità è straordinaria e risponde a molteplici sfide. Infatti, può agire come una gigantesca batteria stagionale, immagazzinando l’energia solare ed eolica prodotta in eccesso durante l’estate per rilasciarla nei mesi invernali. Può decarbonizzare i trasporti pesanti, come camion, treni e navi, attraverso l’uso di celle a combustibile che emettono solo vapore acqueo.

E, soprattutto, può sostituire il gas naturale e altri combustibili fossili nei processi industriali hard-to-abate ad alta temperatura, come la produzione di acciaio, cemento e prodotti chimici.

Sebbene in Italia la sua diffusione su larga scala sia oggi ancora frenata dagli alti costi dell’elettricità necessaria per produrlo, l’idrogeno verde rimane una delle promesse più concrete per la decarbonizzazione profonda di quei settori dove l’elettrificazione diretta non è una via percorribile.
Infine, per quei settori industriali, come cementifici o termovalorizzatori, dove le emissioni di CO₂ sono intrinseche al processo chimico e tecnologicamente inevitabili, emerge la tecnologia CCUS (Carbon Capture, Utilization and Storage). Si tratta di un insieme di processi avanzati che permettono di catturare l’anidride carbonica direttamente alla fonte di emissione, prima che venga rilasciata in atmosfera, con un'efficienza che può superare il 90%.
Una volta catturata, la CO₂ può seguire due percorsi strategici.

Il primo è quello del riutilizzo (Utilization), trasformando un gas serra in una risorsa preziosa per la produzione di carburanti sintetici (e-fuels), prodotti chimici, polimeri o materiali da costruzione come il calcestruzzo. Il secondo è quello dello stoccaggio (Storage), che prevede l’iniezione della CO₂ in formazioni geologiche profonde e sicure, come giacimenti di gas esauriti o acquiferi salini, dove può essere immagazzinata in modo permanente. Benché ancora in fase di sviluppo e oggetto di un acceso dibattito sui costi e sulla sostenibilità a lungo termine, il CCUS si propone come una soluzione pragmatica e transitoria, un ponte tecnologico che potrebbe consentire un uso più sostenibile delle risorse esistenti mentre si completa la transizione verso un sistema energetico interamente basato su fonti rinnovabili.

 

La transizione energetica non è un concetto astratto relegato a documenti programmatici, ma una realtà dinamica e concreta, costruita giorno dopo giorno da aziende che, in Italia, stanno già innovando, investendo e creando valore.

 

Il viaggio attraverso l’innovazione italiana può partire dal mondo della bio-fermentazione, dove aziende come Roelmi Biotech, nel cuore dell’Insubria BioPark, stanno portando le biotecnologie bianche su scala industriale. L’azienda incarna un modello virtuoso dove green economy ed economia circolare si fondono, riutilizzando scarti della filiera agroalimentare per creare ingredienti innovativi per la cosmetica e la nutraceutica, con l'ambizioso obiettivo di raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050.

Questa stessa spinta verso la sostenibilità può assumere forme inaspettate, come dimostra il mondo del design d’eccellenza. La sedia Catifa Carta di Arper, ripensata in chiave sostenibile e realizzata in PaperShell, non solo riduce l’impatto ambientale del processo produttivo, ma agisce come un vero e proprio “pozzo di carbonio”, raccogliendo attivamente CO₂ durante il suo ciclo di vita. È un concetto rivoluzionario che trasforma un oggetto di uso quotidiano in una soluzione ambientale.

Dall’arredo al territorio, la medesima filosofia si applica ai parchi agrivoltaici di ultima generazione. Progetti come quello di Mazara del Vallo dimostrano che è possibile superare il conflitto tra produzione di energia e uso agricolo del suolo, facendo convivere pannelli solari bifacciali con coltivazioni di pregio. L’impianto di Eboli, primo in Italia dedicato al pascolo ovino sotto le strutture, spinge questa sinergia ancora oltre, integrando anche la filiera zootecnica locale. L’agrivoltaico si afferma così come un modello di sviluppo territoriale che crea occupazione, promuove la biodiversità e contrasta la desertificazione.

Parallelamente, l’Italia si sta affermando come il mercato europeo più attraente per lo stoccaggio energetico, settore strategico per garantire stabilità alla rete. Mentre centri di eccellenza come Energy & Strategy del Politecnico di Milano forniscono l’analisi e la visione necessarie, aziende come Energy Dome stanno esportando tecnologia made in Italy nel mondo. La sua innovativa CO₂ Battery, già operativa in Sardegna, ha attirato l’attenzione e gli investimenti di colossi globali come Google, a testimonianza della leadership italiana in questo settore di frontiera.

Questa transizione coinvolge anche i settori tradizionalmente hard-to-abate, come la siderurgia, dove l’efficienza energetica è diventata una leva competitiva determinante. Il modello operativo di Premium Gap dimostra come un approccio integrato, che unisce audit energetico e digitalizzazione, possa trasformare la sostenibilità da costo a vantaggio. Presentarsi sui mercati internazionali con un percorso certificato di riduzione delle emissioni significa oggi accedere più facilmente a gare e partnership industriali.

A chiudere il cerchio di questa filiera virtuosa è il biometano. La riconversione degli impianti di Horti Padani a Cremona rappresenta un passo decisivo verso il raggiungimento degli obiettivi nazionali. Questo caso studio evidenzia in modo esemplare come un’integrazione circolare tra la filiera agricola e quella industriale possa generare un biocarburante avanzato, perfettamente compatibile con la rete esistente e capace di ridurre l'impronta di carbonio fino all'85% rispetto al gas di origine fossile.

 

La visione oltre la tecnologia

 

La transizione energetica, analizzata attraverso le sue tecnologie e le sue eccellenze industriali, si rivela essere non una semplice sostituzione di fonti energetiche, ma un profondo cambiamento culturale e strategico.

 

L’efficientamento energetico ha smesso di essere percepito come un mero adempimento normativo o un KPI da inserire quasi per dovere nella rendicontazione ESG. Si è trasformato in una leva concreta e potente per l’ottimizzazione dei processi industriali, la riduzione dei costi operativi e, in ultima analisi, la creazione di valore competitivo a lungo termine.

Questa nuova consapevolezza emerge con forza dai dati. Secondo recenti indagini, l’89% dei CEO del settore Industrial Products ha dichiarato di voler modificare le proprie strategie di investimento per orientarle attivamente su progetti di sustainable power.

 

La sostenibilità non è più un’appendice, ma un criterio fondamentale che guida le decisioni di allocazione del capitale.

 

Si è compreso che conoscere in dettaglio i propri consumi energetici è il primo passo per avviare un percorso virtuoso di efficientamento che impatta direttamente sulla profittabilità.

Ma la trasformazione non si ferma alle macchine e ai processi. Un dato ancora più significativo rivela che l’82% dei leader aziendali sta investendo in percorsi innovativi di crescita professionale, finalizzati a valorizzare le persone e a costruire le competenze del futuro. Si è compreso che per governare la complessità della transizione energetica non basta acquistare la tecnologia più avanzata; è necessario formare team capaci di utilizzarla, integrarla e innovare a loro volta.

Le imprese che sapranno interpretare questa doppia sfida (tecnologica e umana) e che vedranno l’efficienza energetica non come un obbligo, ma come un’opportunità strategica, saranno quelle in grado di guidare la transizione con visione, resilienza e una rinnovata competitività sui mercati globali.

Le numerose iniziative che stanno prendendo forma in Italia (dal potenziamento delle fonti rinnovabili alla realizzazione di nuove infrastrutture di rete e sistemi di accumulo all’avanguardia) non sono semplici progetti isolati. Rappresentano, nel loro insieme, il segnale concreto di una determinazione collettiva nel costruire un futuro energetico sostenibile.

L’impegno congiunto di istituzioni, imprese visionarie e centri di ricerca sta tracciando un percorso chiaro e coerente verso un sistema più pulito, efficiente e resiliente. I risultati già raggiunti e i progetti in corso dimostrano che il nostro Paese non è uno spettatore passivo, ma un attore protagonista nella transizione globale.

 

Il cammino verso il pieno raggiungimento degli obiettivi climatici è certamente impegnativo e richiederà costanza e visione.

 

Tuttavia, oggi è possibile affermare con fiducia che la transizione energetica non è più un’aspirazione lontana o un’ipotesi futura, è una realtà che stiamo progettando e costruendo, giorno dopo giorno.

 

Foto del profilo di Piero di Bello
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