La Corte, respingendo il ricorso, ha affermato che “…ferma restando la natura sanzionatoria del sequestro per equivalente…, non è possibile che il soggetto fisico autore dell’illecito commesso a vantaggio della società non possa, per ciò solo, andare esente da responsabilità, avendo egli stesso partecipato alla commissione dell’illecito: l’unico limite vigente in materia è quello della insuperabilità … del valore del compendio sequestrato rispetto all’entità del profitto ricavato…” (Cassazione 32944/2013).
Osservazioni
La questione di diritto esaminata nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte riguarda l’assoggettabilità dei beni dell’indagato alla misura del sequestro preventivo per il reato di omesso versamento d’imposte da parte della società.
I giudici di legittimità, dopo aver ribadito che, in materia di reati tributari (quale quello oggetto della fattispecie esaminata dalla Corte), il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è riferibile all’ammontare dell’imposta, costituendo esso il vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita ed è, quindi, riconducibile al concetto di profitto del reato, hanno precisato che gli effetti dell’azione illecita posta in essere dal rappresentante legale delle società si producono nei confronti di queste ultime.
Con un’ulteriore precisazione della Corte riguardo il rapporto tra natura della confisca e responsabilità del reato.
Per la natura sanzionatoria del sequestro per equivalente ex articolo 321 cpp, del reato risponderebbe non solo il suo autore, ma anche la società che ne ha tratto vantaggio: la società, alla luce del principio “solidaristico” che lega la responsabilità dell’autore materiale dell’illecito al soggetto a cui vantaggio l’azione illecita viene commessa e che non può, per ciò, considerarsi estraneo al reato (Cassazione, sentenza n. 28731/2011); l’autore del reato, che non potrebbe rimanere esente da responsabilità, nonostante abbia commesso il fatto ma non ne abbia tratto vantaggio.
A tale riguardo, la Corte ha chiarito che uno degli effetti derivanti dalla natura sanzionatoria della confisca è la riconducibilità dell’azione delittuosa e degli effetti che a essa conseguono a tutti i soggetti che abbiano partecipato a vario titolo al reato, con l’unico limite della insuperabilità - non contestata dalla difesa nella fattispecie al vaglio della Corte - del valore del compendio sequestrato rispetto all’entità del profitto ricavato (Cassazione n. 32944/2013).
Ma nella pronuncia nessuna regola è stabilita con riferimento all’eventuale ordine da seguire nell’escussione dei patrimoni, forse perché in una precedente pronuncia i giudici di piazza Cavour hanno precisato che “il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona fisica non richiede, per la sua legittimità, la preventiva escussione del patrimonio della persona giuridica nell’interesse della quale il reato è stato commesso…” (Cassazione, sentenze n. 20976/2012, n. 7138/2011 e n. 10838/2007), non esistendo alcuna norma che impone di perseguire il patrimonio della persona giuridica beneficiaria, prima di aggredire il patrimonio della persona fisica (Cassazione, 24851/2013). O ancora perché, nella fattispecie sottoposta al vaglio dei giudici di piazza Cavour, il sequestro dei beni della legale rappresentante è avvenuto per una somma corrispondente alle imposte non versate e il patrimonio della signora è risultato capiente.
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