
Vivere e lavorare in più Paesi è una realtà consolidata per molti professionisti e imprenditori. Questa dimensione internazionale nasconde una complessità normativa che può presentarsi nei momenti più delicati della vita familiare, come in un passaggio successorio.
L’apparente semplicità della mobilità europea può, infatti, rivelarsi un’illusione quando si scontra con la realtà di sistemi fiscali non armonizzati.
Una delle sfide più concrete, spesso sottovalutate, riguarda la gestione di un’eredità tra Italia e Germania, due Paesi i cui ordinamenti, in assenza di una convenzione bilaterale specifica, possono entrare in conflitto, generando un pesante rischio di doppia tassazione.
Per comprendere la portata del rischio, partiamo da un caso che riflette la situazione di molte famiglie.
Un manager italiano, con moglie e figli residenti in Italia, trascorre per lavoro lunghi periodi in Germania, dove gestisce una società.
Per ragioni pratiche, prende in affitto un’abitazione sul territorio tedesco, che diventa il suo punto d’appoggio operativo. I suoi principali interessi e il suo patrimonio, però, restano saldamente ancorati all’Italia: la casa di famiglia, un secondo immobile e una preziosa collezione di quadri, frutto di una passione coltivata negli anni.
Alla sua improvvisa scomparsa, si apre una situazione inaspettata.
Mentre la famiglia avvia la dichiarazione di successione in Italia, anche l’amministrazione fiscale tedesca si fa avanti. Sostiene che, avendo avuto un domicilio stabile in Germania, il defunto debba essere considerato anche un suo residente fiscale.
Di colpo, due Stati reclamano il diritto di tassare lo stesso patrimonio.
La famiglia si ritrova al centro di un complesso contenzioso internazionale, costretta a difendere il valore di una vita di lavoro.
Il problema nasce dalla diversa logica, quasi filosofica, con cui i due Paesi determinano la propria potestà impositiva.
La normativa italiana (D.Lgs. 346/1990) stabilisce che, se il defunto era residente fiscale in Italia al momento del decesso, l’imposta di successione si applica su tutto il patrimonio ovunque localizzato nel mondo (immobili, quadri, conti).
L’aliquota, in questo caso, varia in funzione del grado di parentela:
Oltre all’imposta principale, per gli immobili sono dovute imposte ipotecarie (2%) e catastale (1%), calcolate sul valore catastale, spesso inferiore al valore reale di mercato.
L’Italia utilizza la cosiddetta presunzione del 10% sull’attivo ereditario per denaro, gioielli, mobili e opere d’arte, che può essere superata solo presentando un inventario analitico.
Per i quadri d’arte, si applica la tassazione secondo il valore di mercato o, in assenza d’inventario, la presunzione del 10% del valore netto dell’asse ereditario.
La Germania adotta un approccio basato sulla sostanza, andando oltre la formalità.
Per il Fisco tedesco, è sufficiente che il defunto (o un erede) abbia avuto un domicilio o una residenza abituale sul suo territorio per far scattare l’obbligo fiscale su base mondiale. Il sistema tedesco è, inoltre, ben più oneroso.
Mentre in Italia l’aliquota per i figli è fissa al 4%, in Germania è progressiva, basata su classi fiscali (Steuerklasse), arrivando fino al 30%.
Le franchigie, inoltre, sono molto meno generose. Un figlio in Germania ha diritto a un’esenzione di 400.000 euro, contro il milione previsto in Italia.
La differenza più critica, però, riguarda la valutazione dei beni.
Se l’Italia, come abbiamo visto, si basa sul rassicurante valore catastale per gli immobili, la Germania pretende che ogni bene venga tassato in base al suo valore di mercato attuale (Verkehrswert). Questo fa lievitare drasticamente la base imponibile e, di conseguenza, l’imposta da versare.
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È proprio in questo scontro di pretese che si materializza il rischio della doppia tassazione.
Senza una convenzione bilaterale a dirimere il conflitto, entrambi gli Stati procedono ad applicare le proprie leggi.
In Italia, l’art. 26 del D.Lgs. 346/1990 prevede un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero, unicamente per i beni situati in Germania. La doppia imposizione può quindi essere risolta, parzialmente, solo per i beni localizzati in Germania e tassati anche in Italia, mentre per beni italiani vengono tassati anche in Germania il credito non opera.
Ciò comporta il rischio di una doppia tassazione effettiva su gran parte del patrimonio.
Tornando al nostro esempio, questo significa che la famiglia potrà ottenere un credito per le tasse tedesche pagate sull’eventuale patrimonio in Germania. Ma per i beni più importanti (i due immobili e la collezione di quadri in Italia) non ci sarà alcun rimedio.
Su questi asset, la famiglia si troverà a pagare le imposte prima in Germania, calcolate sul loro elevato valore di mercato e poi di nuovo in Italia.
Il risultato è che una porzione significativa del valore di questi beni viene irrimediabilmente persa, erosa da un doppio prelievo fiscale.
Di fronte a un quadro così complesso, l’improvvisazione non è una strategia.
Agire dopo il decesso significa spesso limitarsi a gestire il danno, entrando in un lungo e costoso contenzioso.
La vera soluzione è la pianificazione preventiva, un approccio sartoriale che analizza la situazione patrimoniale e familiare per neutralizzare i rischi prima che si manifestino.
Una consulenza specializzata in materia internazionale opera su più livelli:
Il primo passo è lavorare per definire e documentare in modo inoppugnabile quale sia il “centro degli interessi vitali” della persona. Questo non si limita alla semplice iscrizione anagrafica, ma richiede la raccolta di prove concrete (legami familiari, gestione finanziaria centralizzata, partecipazioni sociali) che rafforzino la tesi della residenza fiscale prevalente in un solo Paese.
Si analizza la struttura del patrimonio per valutare l’opportunità di utilizzare strumenti giuridici come un Trust. Questo istituto permette di segregare determinati beni, sottraendoli alle regole della successione ordinaria e governandoli secondo le disposizioni del Disponente, garantendo una trasmissione ordinata e fiscalmente e legalmente efficiente.
Una pianificazione efficace richiede la stretta collaborazione tra consulenti italiani e tedeschi, per garantire che ogni azione sia coerente con entrambi gli ordinamenti.
Questo include la redazione di inventari analitici per stabilire il corretto valore dei beni e, se necessario, la stesura di un testamento che tenga conto delle leggi di entrambi gli Stati, sfruttando le opzioni offerte dal diritto internazionale privato.
La storia di questa famiglia non è un caso limite, ma un monito. Dimostra come decisioni apparentemente semplici, come affittare una casa all’estero per lavoro, possano avere implicazioni profonde e onerose.
In un mondo interconnesso, la protezione di un patrimonio non può prescindere da una visione internazionale. Comprendere le regole, anticipare i conflitti e strutturare per tempo le proprie scelte sono passi fondamentali.
La pianificazione patrimoniale non è un adempimento burocratico,
ma un atto di responsabilità e lungimiranza.
