Nel corso della mia carriera, ho avuto il privilegio di affiancare numerose realtà imprenditoriali impegnate a ottimizzare la propria gestione patrimoniale.
Tra gli strumenti più versatili e strategici che mi è capitato di analizzare e implementare figura senza dubbio la holding. Non si tratta solo di una struttura societaria, ma di una vera e propria leva in grado di influenzare profondamente l’assetto organizzativo e finanziario di un’impresa.
Quando si parla di holding, spesso si riduce il concetto al semplice possesso di partecipazioni in altre società. Dietro questa definizione si cela un mondo complesso, fatto di vantaggi, obblighi normativi, opportunità di pianificazione e scenari che spaziano dalla gestione di gruppi societari alla protezione del patrimonio. Comprendere davvero cos’è una holding e come può incidere sulla vita di un’impresa significa acquisire una visione strategica a lungo termine.
Nel contesto italiano, una holding rappresenta una società la cui funzione principale è quella di detenere partecipazioni in altre imprese.
Non è una società che produce direttamente beni o servizi, bensì un’entità la cui attività si concentra sul controllo, la gestione e la supervisione delle società partecipate, spesso all’interno di gruppi societari complessi.
Questa struttura risponde all’esigenza di molte realtà aziendali di avere una “cabina di regia” unica e centralizzata, capace di indirizzare in modo coordinato la strategia del gruppo. Le holding, infatti, svolgono un ruolo essenziale nel dettare le linee guida e nell’assicurare che tutte le società controllate, pur operando in settori diversi o su mercati differenti, seguano una direzione strategica comune.
La holding si distingue dalle società operative proprio per questa caratteristica: il suo scopo non è legato alla produzione o alla vendita diretta di prodotti o servizi, ma al governo di un insieme di società partecipate. Attraverso il possesso di quote, che possono essere di controllo o comunque significative, la holding assume un’influenza determinante nella definizione delle scelte strategiche delle aziende partecipate, influendo su operazioni straordinarie, piani di sviluppo, investimenti o disinvestimenti e gestione finanziaria.
La holding è una sorta di architrave capace di sostenere e unificare le diverse attività delle società sotto il suo controllo, ottimizzando la governance, riducendo la frammentazione decisionale e migliorando l’efficienza gestionale dell’intero gruppo.
Questo modello è particolarmente utile nei gruppi societari complessi, caratterizzati da una pluralità di soggetti giuridici che devono operare in maniera coordinata per ottenere risultati duraturi e coerenti con gli obiettivi di lungo termine.
Proprio per questa ragione, le holding vengono spesso utilizzate da imprenditori e famiglie che desiderano avere una struttura capace di gestire patrimoni articolati o attività diversificate, assicurandosi una maggiore solidità e un migliore presidio dei processi decisionali. Il loro impatto si riflette nella semplificazione gestionale e in ambiti come la pianificazione patrimoniale e la protezione degli asset.
All’interno della categoria generale delle holding, è fondamentale distinguere tra due modelli principali: la holding pura e la holding mista.
Questa classificazione rappresenta un primo passo essenziale per comprendere come queste strutture si inseriscono nel panorama societario e quali siano le implicazioni operative di ciascuna.
La holding pura ha un obiettivo chiaro e circoscritto: detenere partecipazioni in altre società.
Non svolge alcuna attività operativa o commerciale diretta, limitandosi esclusivamente alla funzione di controllo e gestione delle quote detenute. Si tratta di una struttura “snella” sotto il profilo operativo, che concentra tutti i suoi sforzi sull’amministrazione delle partecipazioni e sull’indirizzo strategico delle società controllate. Potremmo immaginarla come una cassaforte che custodisce le chiavi di accesso alle aziende del gruppo, rimanendo però al di fuori delle attività quotidiane delle imprese partecipate. La holding pura, proprio grazie a questa impostazione, è spesso scelta da gruppi imprenditoriali o famiglie che desiderano creare una struttura di governance centralizzata per la gestione e la tutela del proprio patrimonio.
Diversa è invece la natura della holding mista, che unisce alla detenzione delle partecipazioni anche lo svolgimento di attività operative o commerciali. In questo caso, la holding non si limita a controllare altre società, ma partecipa attivamente al mercato, gestendo direttamente linee di business proprie. Pensiamo, ad esempio, a una società che gestisce un servizio di consulenza e, allo stesso tempo, possiede il controllo di diverse altre aziende in settori differenti: questo è un classico esempio di holding mista.
Questa doppia veste consente alla holding mista di essere al contempo “controllore” e “operatore”, dando vita a una struttura che può generare ricavi sia attraverso le proprie attività dirette sia tramite i dividendi e le operazioni finanziarie delle società partecipate. In alcuni casi, la holding mista rappresenta una soluzione adatta a gruppi imprenditoriali che vogliono mantenere il controllo operativo su specifici segmenti di business, ma desiderano anche coordinare in modo unitario le attività di altre aziende partecipate.
Non va dimenticato che, sia nel caso di holding pura che di holding mista, la detenzione delle partecipazioni può riguardare società operative, finanziarie o commerciali, a seconda della strategia complessiva del gruppo.
Vi è un altro livello di classificazione meritevole di attenzione: la natura delle attività svolte dalla holding stessa.
In Italia, infatti, le holding possono essere suddivise in holding finanziarie e holding non finanziarie, a seconda del tipo di asset e delle finalità operative su cui si concentrano.
Le holding finanziarie hanno come attività prevalente la gestione di investimenti e partecipazioni, senza occuparsi direttamente di operazioni produttive o commerciali. Si configurano come veri e propri “contenitori patrimoniali” attraverso i quali viene amministrato un portafoglio di quote o azioni detenute in diverse società, spesso operanti in ambiti tra loro differenti. La funzione centrale di queste holding è legata alla valorizzazione del patrimonio detenuto e alla gestione strategica delle partecipazioni, con particolare attenzione agli aspetti di natura finanziaria.
Questa tipologia di holding viene frequentemente utilizzata da gruppi imprenditoriali, fondi d’investimento o famiglie con un patrimonio diversificato che intendono consolidare e controllare in modo unitario le proprie partecipazioni. In molti casi, la holding finanziaria non si limita a detenere le quote, ma interviene attivamente nella definizione delle politiche di investimento, nella gestione dei flussi finanziari tra le società partecipate e nella pianificazione patrimoniale di lungo periodo.
Le holding non finanziarie, pur svolgendo anch’esse l’attività di gestione delle partecipazioni, sono caratterizzate dalla presenza di una propria operatività diretta. Queste società possono gestire stabilimenti produttivi, attività commerciali o servizi specifici. Le holding non finanziarie sono spesso più visibili sul mercato, perché non si limitano a coordinare le attività delle partecipate, ma intervengono direttamente nella produzione di beni o nell’offerta di servizi.
Un gruppo industriale che controlla diverse aziende manifatturiere, ma che al tempo stesso gestisce direttamente uno dei suoi stabilimenti principali attraverso la holding, rappresenta un esempio tipico di questa struttura. In questo caso, la holding assume un duplice ruolo. Da un lato gestisce la governance e le strategie delle partecipate, dall’altro svolge attività operative autonome.
Comprendere la distinzione tra holding finanziarie e non finanziarie è fondamentale per definire le strategie più adatte in funzione degli obiettivi del gruppo. Mentre la holding finanziaria privilegia la gestione e la valorizzazione delle partecipazioni sotto il profilo patrimoniale e finanziario, la holding non finanziaria mira a un’integrazione più profonda tra controllo societario e attività operative. In entrambi i casi, però, l’obiettivo comune rimane quello di garantire una gestione più efficiente e razionale dell’intero gruppo.
Nel panorama aziendale italiano, le holding si rivelano strumenti di grande valore strategico, soprattutto per le imprese che desiderano razionalizzare la propria struttura organizzativa e patrimoniale.
In presenza di più società, spesso diversificate per settore o per area geografica, la holding consente di concentrare le leve decisionali nelle mani di un’unica entità, evitando la dispersione delle responsabilità e favorendo una visione d’insieme, indispensabile per stabilire una direzione strategica chiara.
Avere un vertice che gestisce le partecipazioni permette di garantire una maggiore efficienza nella governance e nelle dinamiche di gruppo, superando le difficoltà che possono emergere in contesti caratterizzati da molteplici soggetti giuridici.
La holding, attraverso il controllo delle società partecipate, diventa il punto di riferimento per la definizione delle politiche industriali, per la gestione finanziaria complessiva e per le scelte di investimento e disinvestimento. In un sistema decentralizzato, ogni società tenderebbe a prendere decisioni autonome e spesso disallineate rispetto alle altre, mentre una holding, con la sua visione globale, riesce a coordinare l’intero gruppo, riducendo inefficienze e duplicazioni.
Inoltre, la possibilità di accorpare sotto un unico tetto decisionale attività come la gestione finanziaria, le politiche fiscali, l’amministrazione e persino la condivisione di risorse umane o tecnologiche, permette di generare economie di scala e di ridurre i costi complessivi del gruppo.
Infine, l’accentramento delle funzioni decisionali facilita l’adozione di strategie unitarie e consente di rispondere in modo più rapido e coordinato alle sfide del mercato. Avere una regia centrale permette di pianificare gli investimenti in modo più oculato, di redistribuire meglio le risorse finanziarie e di proteggere il patrimonio in una logica di continuità e sostenibilità aziendale.
Quando si parla di holding, è naturale interrogarsi sui benefici concreti che una struttura di questo tipo può portare a un’impresa o a un gruppo societario. La holding, infatti, non è solo uno strumento organizzativo, ma rappresenta anche un mezzo strategico per ottimizzare la gestione patrimoniale, fiscale e operativa. Come ogni scelta strutturale, però, anche quella di costituire una holding porta con sé vantaggi e alcune criticità da valutare con attenzione.
Uno dei vantaggi più apprezzati è senz’altro legato all’ottimizzazione fiscale.
Le holding consentono di pianificare in modo più efficiente il carico tributario del gruppo, sfruttando le agevolazioni offerte dall’ordinamento italiano, come il regime del consolidato fiscale o il regime di Participation Exemption (PEX), che permette di ridurre la tassazione sui dividendi e sulle plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni, migliorando l’efficienza complessiva della gestione finanziaria.
Accanto al tema fiscale, si affianca la possibilità di mettere in atto una pianificazione patrimoniale più solida. Attraverso la holding è possibile proteggere gli asset familiari o aziendali, gestendo la trasmissione del patrimonio alle generazioni successive in modo ordinato e fiscalmente vantaggioso.
Un ulteriore beneficio rilevante risiede nella centralizzazione delle decisioni operative e strategiche. La holding, fungendo da “cuore” decisionale del gruppo, facilita la gestione unitaria delle attività aziendali, migliorando la rapidità dei processi decisionali e garantendo una maggiore coerenza nella definizione degli obiettivi. Questa centralizzazione permette anche di condividere risorse chiave, come competenze professionali, tecnologie o strumenti finanziari, a beneficio di tutte le società partecipate. L’effetto è una riduzione dei costi operativi e una maggiore efficienza nell’impiego delle risorse.
Tuttavia, non mancano gli aspetti da considerare con cautela.
Tra i principali svantaggi si annoverano i costi di gestione della holding stessa.
La creazione e il mantenimento di una società capogruppo comportano spese amministrative, contabili e legate alla conformità normativa che possono incidere sensibilmente sul bilancio del gruppo, soprattutto nel caso di realtà di dimensioni medio-piccole.
Inoltre, la struttura di una holding può talvolta risultare più rigida rispetto a quella di una singola società operativa. La presenza di un livello intermedio di controllo potrebbe rallentare, in alcuni casi, la capacità di risposta ai cambiamenti repentini del mercato. È un aspetto particolarmente rilevante nei settori ad alta dinamicità, dove la velocità di adattamento rappresenta un fattore competitivo.
È importante sottolineare che non esiste una risposta univoca alla domanda se una holding sia sempre la soluzione migliore. Ogni realtà aziendale ha le sue peculiarità e le sue esigenze specifiche. Per questo motivo, prima di adottare una struttura di questo tipo, è necessario condurre un’attenta analisi che tenga conto sia dei benefici fiscali e organizzativi, sia dei costi e dei vincoli operativi che una holding inevitabilmente comporta.
Il valore di questo strumento, quindi, dipende fortemente dalla capacità dell’imprenditore di valutare il contesto e di adottare un approccio strategico personalizzato, che sappia bilanciare vantaggi e potenziali criticità.
Gestire una holding significa anche operare all’interno di un quadro normativo preciso, che impone regole e adempimenti a tutela della trasparenza e della corretta gestione dei flussi finanziari.
In questo senso, ogni holding deve tenere conto di specifici obblighi di legge, sia a livello nazionale che internazionale, per garantire una conduzione conforme alle regole vigenti.
Un primo adempimento fondamentale riguarda l’obbligo di iscrizione all’Anagrafe Tributaria.
In Italia, una holding è considerata tale non solo quando detiene partecipazioni, ma quando la gestione di tali partecipazioni rappresenta l’attività principale e il valore di queste supera il 50% dell’attivo patrimoniale. L’iscrizione all’Anagrafe Tributaria è un passaggio imprescindibile per garantire la trasparenza dei rapporti finanziari tra la holding e le società partecipate, oltre che verso l’amministrazione finanziaria.
La registrazione consente alle autorità fiscali di monitorare i flussi economici e le operazioni straordinarie che coinvolgono la holding, come fusioni, acquisizioni o trasferimenti di partecipazioni. La mancata esecuzione di questo adempimento comporta sanzioni economiche e può anche compromettere la reputazione della holding agli occhi di investitori e partner commerciali, che sempre più spesso richiedono standard di compliance elevati.
Oltre alla registrazione, le holding sono tenute a comunicare con cadenza annuale i dati relativi ai rapporti finanziari detenuti, attraverso l’invio delle informazioni all’Anagrafe Tributaria.
Questa attività di reporting permette di garantire continuità e trasparenza nella gestione delle partecipazioni e dei movimenti finanziari connessi.
Le holding devono confrontarsi anche con regolamenti internazionali, come la normativa FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act) e lo standard CRS (Common Reporting Standard).
La normativa FATCA, introdotta dagli Stati Uniti, impone l’obbligo di segnalare i conti detenuti da cittadini americani o da soggetti fiscalmente residenti negli USA; il CRS, promosso dall’OCSE, disciplina lo scambio automatico di informazioni finanziarie tra i Paesi aderenti.
Questo significa che una holding deve garantire la piena tracciabilità dei rapporti finanziari detenuti all’estero e conformarsi agli obblighi di comunicazione previsti a livello internazionale. La mancata osservanza di tali regole può comportare sanzioni severe e restrizioni nei rapporti con istituti finanziari e partner globali.
La compliance fiscale e finanziaria è divenuta una componente imprescindibile nella costruzione della reputazione di una holding, che deve dimostrare affidabilità e correttezza nei confronti delle autorità e degli stakeholder.
Quando si affronta il tema delle holding nel contesto normativo italiano, non si può trascurare la disciplina sulle società di comodo, che rappresenta uno dei punti più rilevanti e spesso discussi. Questa normativa è stata introdotta per contrastare l’utilizzo improprio di società formalmente costituite, ma prive di una reale attività economica, create unicamente per ottenere vantaggi fiscali indebiti o per mantenere in vita strutture aziendali senza una concreta operatività.
Secondo l’impianto normativo italiano, una società viene considerata di comodo quando non dimostra di esercitare un’effettiva attività produttiva o commerciale e, quindi, risulta inattiva o scarsamente operativa. In tali casi, l’impresa può essere soggetta a regimi fiscali penalizzanti e a controlli più stringenti da parte dell’amministrazione finanziaria. La ratio è chiara: evitare che soggetti giuridici vengano mantenuti in vita solo per godere di agevolazioni fiscali o per eludere obblighi tributari.
Il legislatore ha previsto alcune eccezioni che riguardano da vicino proprio le holding, in particolare quelle industriali e finanziarie. Queste ultime possono essere escluse dall’applicazione della disciplina di comodo qualora dimostrino di svolgere una funzione strategica effettiva nella gestione delle partecipazioni e nella governance delle società controllate.
Non è sufficiente, infatti, detenere delle quote per evitare di essere considerati di comodo.
Le holding devono dimostrare di esercitare un ruolo attivo e concreto nella direzione delle attività delle partecipate, prendendo attivamente parte alle decisioni strategiche e influenzando l’andamento operativo e finanziario del gruppo: dall’approvazione di piani industriali all’elaborazione di strategie finanziarie, passando per attività di coordinamento amministrativo o gestionale.
Per avvalersi di tali eccezioni, le holding devono rispettare alcuni criteri, tra cui la redazione di un bilancio consolidato che riporti in modo trasparente la situazione economica e patrimoniale dell’intero gruppo. Inoltre, è necessario che la holding mantenga un presidio costante sulla governance del gruppo, fornendo prove documentali di un’effettiva attività gestionale e decisionale.
In questo scenario, la distinzione tra holding puramente finanziarie e holding industriali assume una valenza ancora più significativa. Le holding industriali, in particolare, che coordinano società operative, possono più facilmente dimostrare di avere una funzione economica concreta e quindi sottrarsi all’etichetta di “società di comodo”.
Un altro aspetto da considerare riguarda la sostanza economica delle operazioni svolte dalla holding. Le autorità fiscali, infatti, verificano che le scelte aziendali riflettano un’effettiva logica imprenditoriale e non siano finalizzate unicamente a ottenere vantaggi fiscali. Anche per questo motivo, è importante che le holding industriali e finanziarie adottino comportamenti trasparenti e coerenti, capaci di dimostrare la loro reale funzione all’interno del gruppo.
Uno degli strumenti fondamentali per garantire la trasparenza e l’efficienza nella gestione di una holding è la redazione del bilancio consolidato. In presenza di un gruppo composto da più società partecipate, la semplice redazione dei singoli bilanci delle controllate non è sufficiente a fornire una rappresentazione fedele della situazione economica complessiva. La normativa vigente richiede alla holding di accorpare i dati delle società partecipate in un unico documento che rifletta la realtà patrimoniale e finanziaria del gruppo nel suo insieme.
Il bilancio consolidato rappresenta una fotografia completa della situazione economica e patrimoniale di tutte le società facenti parte del gruppo. Attraverso questo documento è possibile comprendere in maniera chiara l’andamento delle singole partecipate e la performance complessiva del gruppo, eliminando i cosiddetti effetti “infragruppo”, ovvero quelle transazioni interne tra le società che potrebbero distorcere l’effettiva rappresentazione dei risultati.
Per essere efficace, il bilancio consolidato deve includere tre elementi fondamentali:
Non è raro che, soprattutto nei gruppi di dimensioni significative, il bilancio consolidato diventi uno strumento strategico per attrarre nuovi investimenti o per accedere più agevolmente a linee di credito da parte degli istituti bancari.
Oltre all’obbligo di consolidamento, le holding devono prestare grande attenzione alla qualitàe alla precisione dei dati riportati. In un contesto economico e normativo sempre più esigente, il rispetto delle best practice di reporting, la corretta applicazione dei principi contabili e una comunicazione trasparente dei risultati sono elementi imprescindibili per garantire una gestione solida e sostenibile nel tempo.
Nel percorso di gestione di una holding, la pianificazione strategica rappresenta un passaggio imprescindibile per assicurare che l’intero gruppo possa evolversi in modo ordinato, efficiente e orientato agli obiettivi di lungo periodo. Quando ci si trova a coordinare più società partecipate, ognuna con le proprie dinamiche e i propri mercati di riferimento, diventa fondamentale disporre di una visione chiara e di una strategia che sappia tenere insieme tutte le anime del gruppo.
La holding è chiamata a operare come un centro di regia strategico: stabilisce le priorità, definisce le linee guida comuni e decide come allocare risorse e investimenti tra le varie partecipate.
In assenza di una pianificazione adeguata, il rischio è quello di trovarsi di fronte a una governance frammentata, con società che procedono in ordine sparso e senza una direzione comune. È in questa fase che la capacità di visione dell’imprenditore o del management assume un ruolo decisivo.
La pianificazione non si esaurisce nella definizione di obiettivi finanziari o operativi, ma si estende anche alla gestione del rischio, alla protezione del patrimonio e all’ottimizzazione fiscale del gruppo.
Una strategia ben strutturata permette di anticipare possibili criticità e di cogliere le opportunità che il mercato offre, valorizzando al meglio il potenziale di ciascuna società controllata.
Nel mio percorso professionale, ho avuto modo di osservare quanto la personalizzazione della strategia sia fondamentale. Ogni holding è un ecosistema unico, con peculiarità proprie che vanno comprese e valorizzate. Non esiste un modello standard valido per tutte le realtà. Le esigenze di una holding familiare differiscono, ad esempio, da quelle di una holding nata per presidiare un gruppo industriale o per agevolare operazioni di acquisizione.
È altrettanto importante che la pianificazione si accompagni a un costante monitoraggio dei risultati. La capacità di adattare il piano strategico in base all’evoluzione del mercato o ai cambiamenti interni al gruppo è ciò che permette a una holding di mantenere la propria efficacia nel tempo e di fronteggiare con prontezza le nuove sfide.
Il successo di una holding non dipende solo dagli strumenti normativi o dagli asset che detiene, ma dalla capacità delle persone che la gestiscono di tradurre una visione strategica in azioni concrete e coerenti.
La holding, se strutturata e gestita correttamente, può diventare un potente alleato nella crescita e nella protezione del patrimonio aziendale. Ma ogni scelta, dall’adozione della struttura più idonea alla definizione delle politiche di governance, va valutata con attenzione e consapevolezza.
Non basta creare una holding per ottenere benefici immediati. Serve un approccio metodico, che sappia coniugare competenze normative e visione strategica. Ogni scelta, dalla tipologia di holding alla gestione delle partecipazioni, dalla redazione dei bilanci fino al rispetto delle normative fiscali e internazionali, deve essere orientata a costruire valore e solidità per l’intero gruppo.
Il mio consiglio, rivolto a chi sta valutando l’opportunità di costituire una holding o di riorganizzare il proprio assetto societario, è di partire sempre da un’analisi approfondita del contesto. Solo così sarà possibile identificare lo strumento più adatto e sfruttarne appieno i vantaggi, evitando le insidie di una gestione non ottimale.