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Gestione della holding in Italia: tipologie, obblighi fiscali e contabili

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Gestione della holding in Italia: tipologie, obblighi fiscali e contabili

La gestione tramite holding è diventata uno degli strumenti più utilizzati da imprenditori e famiglie per strutturare, tutelare e ottimizzare il proprio patrimonio. Che si tratti di coordinare partecipazioni societarie, razionalizzare le attività aziendali o pianificare il passaggio generazionale, le holding rappresentano una soluzione flessibile e altamente strategica.

Dietro all’apparente semplicità, si cela un sistema articolato di adempimenti fiscali, obblighi comunicativi e valutazioni contabili che variano sensibilmente in base alla natura e alla struttura della holding stessa.

 

Holding finanziarie e holding industriali: come si distinguono davvero?

Nel panorama delle holding, la prima grande distinzione da comprendere è quella tra holding finanziarie e non finanziarie, che spesso vengono definite anche industriali.

La differenza consiste non solo nell’attività svolta, ma nella natura delle partecipazioni detenute dalla società.

Le holding finanziarie sono quelle che si concentrano principalmente sul detenere quote o azioni di soggetti che operano nel settore finanziario. Parliamo, ad esempio, di banche, società di gestione del risparmio, intermediari di credito o altri operatori autorizzati a concedere finanziamenti. Quando il valore complessivo di queste partecipazioni e di altri asset legati a queste realtà supera più della metà dell’intero patrimonio della società, come chiaramente espresso dall’articolo 162-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, si è in presenza di una holding finanziaria.

Le holding non finanziarie sono quelle che investono principalmente in imprese attive nel mondo dell’industria, del commercio o dei servizi. Anche in questo caso, se la maggior parte dell’attivo patrimoniale è rappresentata da partecipazioni in società che operano in questi settori non finanziari, la holding assume la qualificazione industriale.

Questa distinzione comporta conseguenze pratiche rilevanti sotto il profilo fiscale, amministrativo e contabile. Le holding finanziarie sono soggette a normative più stringenti, che le avvicinano, per certi aspetti, agli stessi intermediari finanziari. Le holding industriali, invece, godono di una maggiore flessibilità gestionale e sono più frequentemente utilizzate da gruppi familiari e imprenditoriali per razionalizzare l’organizzazione aziendale e pianificare con maggiore efficacia la protezione del patrimonio.

 

Holding pure e holding miste: due approcci alla gestione delle partecipazioni

Nel mondo delle holding è importante anche come le partecipazioni detenute siano gestite.

A tal proposito, un’altra distinzione per nulla trascurabile, basata sulle attività effettivamente svolte dalla società, è quella tra holding pure e holding miste.  

Le holding pure si occupano di detenere e amministrare esclusivamente partecipazioni in altre società. L’oggetto sociale è limitato e ben definito; infatti, non svolgono alcuna attività operativa né forniscono servizi alle imprese partecipate. Agiscono come “casseforti” societarie, che raccolgono e custodiscono le quote delle aziende del gruppo, senza entrare nella gestione attiva delle stesse. Questo le rende strumenti molto utili per chi desidera un controllo ordinato e discreto, finalizzato soprattutto alla tutela del patrimonio e alla pianificazione successoria.

Nel caso delle holding miste, la società svolge, oltre a detenere partecipazioni, anche altre funzioni operative. Una holding mista può, ad esempio, concedere finanziamenti alle sue controllate, svolgere attività immobiliari, offrire servizi amministrativi o commerciali al gruppo. Insomma, oltre a coordinare la strategia del gruppo, la holding mista prende parte alla vita quotidiana delle partecipate, diventando a tutti gli effetti un attore operativo.

Questa differenza ha anche importanti implicazioni fiscali e gestionali.

La holding pura gode spesso di semplificazioni e di un trattamento tributario più favorevole, poiché non esercita un’attività economica in senso stretto. Le holding miste, invece, sono sottoposte a obblighi più ampi e devono rispettare regole specifiche che variano in base alla natura delle attività aggiuntive che svolgono.

 

Forme giuridiche delle holding: quale struttura scegliere?

Uno degli aspetti più delicati nella costituzione di una holding riguarda la forma giuridica. La legge italiana non impone una formula unica, ma lascia al fondatore la possibilità di scegliere tra diverse opzioni, ciascuna con caratteristiche, obblighi e vantaggi specifici.

Le holding finanziarie, cioè quelle che detengono partecipazioni in intermediari finanziari, devono necessariamente adottare una forma societaria di capitali. Possono quindi essere costituite come società per azioni (S.p.A.), società a responsabilità limitata (S.r.l.) o, più raramente, come società in accomandita per azioni (S.a.p.a.). Questa limitazione è dettata dall’esigenza di garantire un maggiore grado di trasparenza e affidabilità, dato il tipo di attività sensibili svolte e il contesto regolamentato in cui operano.

Le holding non finanziarie, invece, godono di maggiore flessibilità. Oltre alle forme societarie di capitali, possono infatti essere costituite anche come società di persone, come ad esempio società in nome collettivo (S.n.c.) o società in accomandita semplice (S.a.s.), oppure assumere forme giuridiche alternative, come Trust, ditte individuali o società semplici.

Le società semplici rappresentano una scelta particolarmente interessante per le famiglie e i gruppi imprenditoriali che cercano uno strumento di gestione patrimoniale snello, non soggetto agli obblighi ordinari di bilancio ma comunque capace di offrire una tutela efficace. Anche in questi casi, però, è necessario effettuare il cosiddetto test di prevalenza sull’attivo patrimoniale, utilizzando i dati del rendiconto annuale, per determinare la natura della holding e gli obblighi fiscali connessi.

 

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Obblighi di comunicazione all’Anagrafe Tributaria

Nel sistema normativo italiano, la trasparenza è un principio fondamentale, soprattutto quando si parla di strutture societarie complesse come le holding. Proprio per questo, sia le holding finanziarie che quelle industriali sono soggette a una serie di obblighi di comunicazione all’Anagrafe Tributaria, finalizzati a garantire il monitoraggio dei rapporti finanziari e a contrastare fenomeni di elusione fiscale.

Ogni società che rientra nei parametri previsti deve inviare mensilmente i dati relativi ai rapporti finanziari attivi, a cui si aggiunge una comunicazione integrativa annuale, che deve essere trasmessa entro il 15 febbraio all’Archivio centralizzato dei rapporti.

Questo flusso continuo di informazioni permette all’Amministrazione finanziaria di avere una visione chiara e aggiornata delle operazioni effettuate, delle partecipazioni detenute e dei movimenti finanziari rilevanti.

Anche le società di persone, le società semplici e ogni altro soggetto che, in base alla struttura dell’attivo patrimoniale, possa essere qualificato come holding, sono tenuti a rispettare queste disposizioni. Si evince, dunque, che non è la forma giuridica a determinare l’obbligo, bensì la funzione effettiva svolta dalla società.

Dal punto di vista tecnico, la trasmissione dei dati deve avvenire attraverso il Sistema di Interscambio Dati (SID), un’infrastruttura telematica appositamente predisposta per garantire sicurezza, riservatezza e tracciabilità delle comunicazioni. Per accedervi, è necessario completare un percorso di accreditamento e utilizzare specifici strumenti software riconosciuti dall’Agenzia delle Entrate.

Eventuali omissioni o irregolarità possono comportare sanzioni rilevanti. Per questo motivo, ogni imprenditore o consulente che operi nell’ambito delle holding dovrebbe considerare questi adempimenti come parte integrante di una gestione patrimoniale trasparente e sostenibile.

 

Adempimenti iniziali per l’operatività della holding

Prima di diventare pienamente operativa, una holding deve affrontare una serie di adempimenti preliminari indispensabili per poter dialogare correttamente con l’Amministrazione finanziaria e rispettare gli obblighi di legge.

Uno dei primi passaggi richiesti è la comunicazione della PEC al Registro Elettronico degli Indirizzi (REI), per poter consentire all’Agenzia delle Entrate, alla Camera di Commercio e agli altri Enti di inviare comunicazioni ufficiali in modalità digitale.  

Un altro aspetto fondamentale è rappresentato dall’ottenimento delle credenziali FiscoOnline, necessarie per accedere ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, indispensabili per l’utilizzo dei canali telematici e per trasmettere i dati.  

È altresì necessario richiedere l’accreditamento al SID, il Sistema di Interscambio Dati utilizzato per la comunicazione dei rapporti finanziari. Si tratta di una procedura tecnica che prevede l’identificazione del soggetto, la verifica dei requisiti e l’abilitazione all’utilizzo del canale sicuro di trasmissione.

Per completare questo processo, la holding deve dotarsi anche del software specifico per la gestione dell’ambiente di sicurezza, fondamentale per la codifica, il controllo e l’invio dei dati secondo i protocolli previsti.

 

Il regime fiscale delle holding: differenze tra finanziarie e industriali

Il trattamento fiscale delle holding varia in maniera significativa a seconda della loro classificazione come finanziarie o non finanziarie (industriali).

Per quanto riguarda le holding industriali, il riferimento normativo principale è l’articolo 5 del Decreto Legislativo 446/1997, che disciplina l’IRAP. In questo contesto, la base imponibile viene calcolata aggiungendo, tra le altre voci, la differenza tra interessi attivi e interessi passivi. Questi ultimi, però, non sono integralmente deducibili, in quanto è prevista una deducibilità parziale, limitata al 96% del loro ammontare. Inoltre, le holding industriali sono soggette al regime di monitoraggio del Risultato Operativo Lordo (ROL), che impone limiti ben precisi alla deduzione degli interessi passivi. In particolare, tali interessi sono deducibili solo nella misura in cui trovano capienza nei proventi finanziari e nel 30% del ROL. È un meccanismo pensato per contenere l’indebitamento e incentivare strutture patrimoniali equilibrate.

Anche il regime Aiuto alla Crescita Economica(ACE) si applica in modo peculiare alle holding industriali. In questi casi, la base di calcolo dell’ACE viene ridotta se la società detiene titoli o strumenti finanziari diversi dalle partecipazioni, perché considerati meno rilevanti per lo sviluppo produttivo. Si tratta di un dettaglio tecnico che può incidere in maniera importante sulle strategie di capitalizzazione del gruppo.

Le holding finanziarie, invece, seguono regole differenti. Le attività tipiche, come la concessione di finanziamenti o la gestione di crediti, rientrano generalmente nel regime di esenzione IVA, in quanto considerate operazioni finanziarie esenti. Anche il trattamento degli interessi passivi è regolato da norme ad hoc, che tengono conto della particolare natura delle attività svolte e della normativa sugli intermediari finanziari. Un aspetto rilevante è che le holding finanziarie, a differenza di quelle industriali, non sono soggette al monitoraggio del ROL, con conseguenti differenze nel calcolo della deducibilità degli oneri finanziari.

 

Holding pure: semplificazioni e vantaggi operativi

Le holding pure, per la loro natura statica e non operativa, godono in molti casi di un trattamento differenziato e più favorevole rispetto ad altre forme societarie. Si tratta di strutture che svolgono un’unica attività: detenere partecipazioni in altre società, senza fornire servizi, senza esercitare attività produttive e senza erogare finanziamenti alle partecipate.

Proprio per questa loro inattività operativa, le holding pure sono escluse dall’ambito di applicazione di alcuni obblighi e regimi fiscali pensati per imprese commerciali.

Una delle principali agevolazioni riguarda l’esclusione dagli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA), i parametri introdotti per valutare la coerenza dei comportamenti fiscali delle imprese in base ai dati dichiarati. Poiché le holding pure non svolgono attività d’impresa in senso stretto, non è possibile applicare loro gli indicatori statistico-economici tipici del settore produttivo.

Un altro vantaggio importante riguarda l’esclusione dalla disciplina delle società di comodo, che impone limiti stringenti alle società che non generano ricavi minimi in rapporto al patrimonio. La normativa sulle società di comodo è pensata per intercettare entità che, pur formalmente operative, risultano inattive o utilizzate solo come contenitori patrimoniali. Le holding pure, invece, vengono riconosciute come strumenti legittimi di gestione delle partecipazioni, e proprio per questo non vengono penalizzate da questa normativa.

Le holding pure sono soggette agli ordinari obblighi contabili e dichiarativi, e devono poter dimostrare in modo coerente la loro natura “pura”, evitando commistioni con attività operative.

Se correttamente inquadrate e utilizzate, le holding pure rappresentano una soluzione elegante ed efficace per chi desidera centralizzare la proprietà senza complicare la struttura operativa, con in più il vantaggio di una fiscalità semplificata e più prevedibile.

 

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Come gestire correttamente una holding?

La redazione del bilancio in una holding richiede una particolare attenzione. Anche quando la società non è operativa in senso stretto, come nel caso delle holding pure, restano comunque in vigore obblighi contabili ben precisi, che dipendono dalla forma giuridica adottata e dalla natura delle attività svolte.

Le holding che non rientrano nella categoria degli “enti di investimento” o delle “imprese di partecipazione finanziaria” possono redigere il bilancio secondo le norme ordinarie del Codice Civile. Questo significa che, in assenza di particolari requisiti dimensionali, possono beneficiare delle semplificazioni previste per il bilancio abbreviato o addirittura per il bilancio delle microimprese, se ne rispettano i limiti dimensionali. Si tratta di agevolazioni importanti, che riducono il carico amministrativo e i costi di compliance, soprattutto per le strutture più contenute.

Quando la holding assume una rilevanza patrimoniale o un profilo operativo più ampio potrebbe essere inquadrata come impresa di partecipazione finanziaria o ente di investimento. In questi casi, le semplificazioni non si applicano e la società è tenuta a redigere un bilancio completo e articolato, con un livello di dettaglio adeguato alla complessità dell’attività.

Un aspetto che non può mai essere trascurato è la nota integrativa, dove devono essere fornite informazioni puntuali sulle partecipazioni detenute: criteri di valutazione, variazioni rispetto all’anno precedente, eventi rilevanti e, se possibile, l’elenco dettagliato delle partecipate. Questi dati non solo aiutano a rispettare la norma, ma anche a garantire trasparenza nei confronti dei soci, degli investitori e delle autorità fiscali.

 

Nel contesto attuale, in cui le esigenze di trasparenza fiscale, tutela patrimoniale e pianificazione successoria sono sempre più centrali, la holding si conferma uno strumento legale, sicuro, versatile ed efficace.

 

 

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