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Rivalutazione quote societarie e terreni 2025

16 minuti di lettura
Rivalutazione quote societarie e terreni 2025

Nel 2025 il legislatore rimette sul tavolo uno strumento fiscale capace di incidere concretamente sulle scelte patrimoniali: la rivalutazione delle quote societarie e dei terreni. Non si tratta di un’agevolazione per tutti, ma di un’opportunità destinata a chi detiene partecipazioni o immobili fuori dall’attività d’impresa e vuole trasformare un futuro onere fiscale in un risparmio certo.

L’aliquota sostitutiva fissata al 18% contro il 26% ordinario e la possibilità di rateizzare il versamento in tre quote aprono scenari di pianificazione interessanti, soprattutto in vista di operazioni già programmate: cessioni, riorganizzazioni societarie, passaggi generazionali.

 

Che cos’è la rivalutazione delle quote societarie?

La rivalutazione delle quote societarie è una misura fiscale straordinaria che il legislatore ripropone ciclicamente per consentire ai contribuenti di aggiornare il valore fiscalmente riconosciuto di partecipazioni e terreni, avvicinandolo al valore di mercato e riducendo così l’impatto dell’imposizione in caso di cessione.

Introdotta per la prima volta con la Legge 448/2001 e ripresa in diverse leggi di bilancio negli anni successivi, questa disciplina si è dimostrata uno strumento utile non solo per favorire il gettito immediato allo Stato, ma anche per agevolare operazioni di riorganizzazione societaria, passaggi generazionali e dismissioni in un contesto fiscalmente più favorevole.

 

Il funzionamento operativo

Con la Legge di Bilancio 2025 (Legge 207/2024, art. 1, comma 31-36) il meccanismo viene riattivato per partecipazioni (quotate e non quotate) e terreni (edificabili o agricoli) posseduti al 1° gennaio dell’anno di riferimento.
Il processo prevede i seguenti passaggi:

  1. Perizia giurata di stima del bene, redatta da un professionista abilitato (dottore commercialista per partecipazioni; ingegnere, geometra o agronomo per terreni).
  2. Versamento dell’imposta sostitutiva agevolata, fissata al 18% sul valore periziato, in un’unica soluzione o in tre rate annuali di pari importo (con interesse del 3% sulle rate successive alla prima).
  3. Aggiornamento del costo fiscale. Il valore rivalutato diventa la nuova base di calcolo per eventuali plusvalenze future, riducendo l’imposta ordinaria (26%) e generando un risparmio immediato in caso di vendita.

 

Perché conviene?

Il vantaggio economico è tanto maggiore quanto più alto è il divario tra il costo originario e il valore attuale del bene.
Per chiarezza, propongo un esempio.

  • Partecipazione acquistata a 100.000 euro, valore attuale 300.000 euro.
  • Plusvalenza senza rivalutazione: 200.000 euro × 26% = 52.000 euro.
  • Plusvalenza con rivalutazione: imposta sostitutiva 54.000 euro (18% su 300.000 euro), nessuna tassazione successiva sulla plusvalenza.

Se la cessione è certa e ravvicinata, l’esborso è praticamente equivalente ma l’imposta si cristallizza subito, evitando rischi di aliquote future più alte e permettendo la pianificazione.

Come tutte le rivalutazioni, anche quella del 2025 ha un orizzonte temporale definito:

  • Scadenza per la perizia giurata: 30 novembre 2025 (se versamento diretto) o prima della cessione (se tramite intermediario).
  • Scadenza per il versamento: 30 novembre 2025 per l’unica soluzione o la prima rata.

Oltre queste date, la finestra si chiude e il contribuente torna al regime ordinario. Per questo motivo la misura si presta a essere utilizzata in previsione di operazioni già pianificate, non in un’ottica meramente speculativa.

Per famiglie imprenditoriali, investitori e titolari di partecipazioni non strategiche, la rivalutazione può essere un tassello chiave in:

  • Passaggi generazionali: abbattendo il carico fiscale su trasferimenti onerosi o donazioni.
  • Riorganizzazioni societarie: fusione, scissione, liquidazione di partecipazioni.
  • Vendita di asset maturi per liberare liquidità da reinvestire.

 

La rivalutazione delle quote societarie e dei terreni è uno strumento di ingegneria fiscale e patrimoniale che, se usato con tempismo e competenza, consente di ottimizzare il valore di cessione e proteggere il patrimonio da un prelievo più gravoso.

 

Chi può beneficiare della misura?

Il legislatore ha individuato una platea precisa di contribuenti, accomunati dal fatto di detenere partecipazioni o immobili al di fuori di un’attività d’impresa.

Il primo gruppo comprende le persone fisiche che non esercitano attività d’impresa. Si tratta di privati che possiedono quote o terreni come investimenti personali e non come beni iscritti nel patrimonio aziendale. Un imprenditore individuale, ad esempio, non può rivalutare un terreno agricolo iscritto nel proprio bilancio d’impresa, ma potrebbe farlo se lo stesso terreno fosse intestato a titolo personale.

Rientrano tra i beneficiari anche le società semplici e le associazioni equiparate, strumenti spesso utilizzati per la gestione di patrimoni familiari. In questi casi, la rivalutazione può interessare sia partecipazioni societarie, quotate o non quotate, sia terreni agricoli o edificabili, offrendo un’opportunità fiscale importante per chi gestisce immobili o partecipazioni di famiglia attraverso veicoli societari non commerciali.

Gli enti non commerciali, come fondazioni, associazioni culturali o enti ecclesiastici, possono a loro volta accedere alla misura, ma solo per operazioni non legate alla loro eventuale attività commerciale. Se, ad esempio, una fondazione detiene un terreno edificabile ricevuto in donazione e non utilizzato per scopi istituzionali, quel terreno potrebbe essere rivalutato.

Un’apertura particolarmente rilevante riguarda i soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia. Anche un investitore straniero, privo di struttura operativa sul territorio, può rivalutare partecipazioni o terreni fiscalmente rilevanti in Italia. Ciò amplia il potenziale bacino di utilizzo dello strumento e rafforza l’attrattività del nostro mercato per capitali esteri.

Restano invece esclusii titolari di reddito d’impresa, sia individuale sia societario, per quanto riguarda i beni iscritti nel patrimonio aziendale. La ratio di questa esclusione è chiara: le imprese hanno già altri canali, contabili e fiscali, per procedere a rivalutazioni e l’agevolazione 2025 è stata pensata per favorire l’emersione di plusvalenze latenti nel patrimonio privato.

Esistono, infine, alcune casistiche particolari che meritano attenzione.

In regime di comunione legale tra coniugi, ciascuno può rivalutare la propria quota di partecipazione o di proprietà.

In caso di quote cointestate, la perizia e l’imposta sostitutiva devono riflettere la titolarità effettiva di ciascun soggetto. Ancora, quando la proprietà deriva da una successione, la rivalutazione è possibile per gli eredi, purché il decesso sia avvenuto prima del 1° gennaio dell’anno di riferimento e siano rispettati i requisiti di possesso. Anche i contribuenti in regime forfettario, non essendo considerati titolari di reddito d’impresa per i beni detenuti personalmente, possono accedere alla misura se detengono partecipazioni o terreni come privati.

 

La rivalutazione 2025 è uno strumento calibrato su chi gestisce beni patrimoniali al di fuori dell’impresa.

È in questa area “privata” che l’intervento del legislatore diventa strategico. Infatti, da un lato offre un vantaggio fiscale concreto, dall’altro stimola operazioni di riassetto patrimoniale che, senza la finestra agevolata, potrebbero essere rimandate o mai realizzate.

 

Quali partecipazioni e terreni sono ammissibili?

La Legge di Bilancio 2025 stabilisce con chiarezza quali beni possono essere oggetto di rivalutazione. Si tratta di un aspetto importante, perché la misura si applica soltanto a determinate tipologie di partecipazioni e terreni, con requisiti di possesso e natura ben definiti.

Per quanto riguarda le partecipazioni, rientrano sia quelle quotate sia quelle non quotate, a condizione che siano detenute fuori dall’attività d’impresa. Questo significa che possono essere rivalutate, ad esempio, le azioni di una società quotata possedute da un privato, così come le quote di una S.r.l. familiare detenute in un contesto patrimoniale personale. È irrilevante che si tratti di partecipazioni qualificate o non qualificate: ciò che conta è che siano possedute alla data del 1° gennaio dell’anno di riferimento.

 

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Il requisito temporale è tutt’altro che formale. Serve infatti a impedire operazioni speculative in cui un contribuente acquista un bene poco prima della rivalutazione per poi cederlo immediatamente, beneficiando ingiustamente dell’agevolazione. Solo le partecipazioni detenute stabilmente all’inizio dell’anno possono essere rivalutate, a garanzia della coerenza dell’operazione.

Il medesimo principio vale per i terreni, che possono essere agricoli o edificabili. Un terreno agricolo ereditato e mai utilizzato per attività d’impresa rientra pienamente nella misura, così come un’area edificabile destinata a una futura vendita. Anche qui, l’essenziale è che la titolarità sia già in essere al 1° gennaio. Nel caso dei terreni, la perizia giurata dovrà essere affidata a professionisti tecnici (geometri, ingegneri, agronomi) che possano attestare il valore di mercato.

Esistono però situazioni in cui un bene, pur formalmente corrispondente a queste categorie, non è ammissibile. Un terreno agricolo di proprietà di una società di capitali, utilizzato nell’attività produttiva, non può essere rivalutato con questa agevolazione.

Lo stesso vale per le partecipazioni già inserite nell’attivo di un’impresa. In questi casi, le eventuali rivalutazioni devono seguire le regole contabili e fiscali ordinarie.

Un aspetto interessante è che la normativa non pone limiti geografici alla localizzazione dei beni: ciò che conta è la loro rilevanza fiscale in Italia. Un cittadino italiano che possiede quote di una società estera, ma fiscalmente rilevanti in Italia, può rivalutarle; allo stesso modo, un soggetto non residente con un terreno in Italia può usufruire dell’agevolazione. Questo rende la misura particolarmente appetibile anche per investitori internazionali che vogliono ottimizzare la tassazione in vista di operazioni di dismissione.

 

La rivalutazione 2025 copre un ventaglio ampio di beni, ma impone un’attenta verifica preliminare.

Capire se una partecipazione o un terreno sia realmente ammissibile non è solo una questione di categoria formale, è necessario valutare la natura della detenzione, il contesto patrimoniale e il rispetto del requisito temporale.

Solo così l’operazione potrà essere portata a termine in modo corretto e pienamente conforme alla legge.

 

Qual è la procedura di rivalutazione e quali sono le tempistiche?

La rivalutazione delle quote societarie e dei terreni non è un’operazione complessa, ma richiede il rispetto di passaggi precisi e scadenze inderogabili. Il cuore della procedura è la perizia giurata di stima, documento che attesta il valore di mercato del bene alla data stabilita dalla legge.

Il primo passo è quindi individuare un professionista abilitato. Per le partecipazioni, la perizia deve essere redatta da un dottore commercialista o esperto contabile; per i terreni, la competenza è di ingegneri, geometri o agronomi. Non si tratta di una semplice valutazione, ma di un atto con valore legale, che dovrà essere giurato davanti a un notaio o in tribunale. Questo passaggio formale garantisce la certezza del dato e lo rende opponibile all’amministrazione finanziaria.

Le tempistiche variano leggermente a seconda della modalità scelta per il versamento dell’imposta sostitutiva. Se il contribuente decide di effettuare il pagamento tramite un intermediario finanziario, la perizia deve essere completata prima della cessione del bene. Se invece il pagamento avviene direttamente, senza passare per un intermediario, la perizia può essere redatta anche successivamente, a patto che sia giurata entro il 30 novembre 2025.

Questa data coincide anche con il termine per il versamento dell’imposta sostitutiva in unica soluzione o della prima rata.

L’imposta, pari al 18% del valore periziato, può infatti essere corrisposta in un’unica soluzione oppure rateizzata in tre quote annuali di pari importo, con interessi del 3% annuo sulle rate successive alla prima.

La pianificazione del calendario operativo è fondamentale. Chi intende cedere un bene entro l’anno deve muoversi per tempo: procrastinare la perizia o il versamento può compromettere l’intera operazione e far perdere il beneficio. Lo stesso vale per chi non ha ancora deciso se vendere, ma vuole comunque cristallizzare un valore fiscalmente più favorevole per il futuro: la rivalutazione può essere effettuata anche senza un’operazione di cessione imminente, offrendo flessibilità nella gestione del patrimonio.

Infine, è bene sottolineare che la perizia e il pagamento dell’imposta sostitutiva devono essere perfettamente coerenti. Eventuali discordanze, omissioni o ritardi possono portare alla decadenza dal beneficio e al ritorno alla tassazione ordinaria. Per questo motivo, il coinvolgimento di un consulente esperto sin dall’inizio non è un costo aggiuntivo, ma una garanzia di buon esito dell’operazione.

 

Quali sono i costi, le aliquote e i vantaggi fiscali?

Il cuore della convenienza della rivalutazione sta nel confronto tra il regime ordinario e l’aliquota agevolata prevista dalla Legge di Bilancio 2025. In condizioni normali, la plusvalenza generata dalla cessione di partecipazioni o terreni è tassata con un’imposta del 26%. La rivalutazione riduce questa pressione fiscale, applicando un’imposta sostitutiva del 18% sul valore periziato.

Questa differenza percentuale, apparentemente contenuta, può tradursi in un risparmio significativo soprattutto quando il bene ha registrato un forte incremento di valore rispetto al costo originario.

In altre parole, più alta è la plusvalenza potenziale, più conveniente diventa la rivalutazione.

Consideriamo un esempio: una partecipazione acquistata anni fa a100.000 euro e oggi valutata 300.000 euro.

  • Senza rivalutazione: la plusvalenza di 200.000 euro sarebbe tassata al 26%, con un’imposta di 52.000 euro.
  • Con rivalutazione: l’imposta sostitutiva sarebbe di 54.000 euro (18% di 300.000 euro), ma il vantaggio è di cristallizzare il valore e azzerare la tassazione futura sulla plusvalenza, proteggendosi da eventuali rialzi delle aliquote o modifiche normative.

Un altro elemento da considerare è la possibilità di rateizzare il pagamento in tre quote annuali di pari importo, con un interesse del 3% annuo sulle rate successive alla prima. Questa opzione rende più agevole l’esborso, ma va valutata attentamente.

In operazioni già programmate e con cessione a breve termine, la rateizzazione può comportare un differimento del beneficio, mentre il versamento in unica soluzione consente di concludere rapidamente l’operazione.

La convenienza della rivalutazione non è però automatica. Esistono situazioni in cui l’aliquota del 18% può risultare poco vantaggiosa, ad esempio quando la plusvalenza rappresenta una quota ridotta del prezzo di vendita. In questi casi, il costo dell’imposta sostitutiva potrebbe superare il risparmio fiscale generato. Per questo motivo, la rivalutazione va analizzata alla luce di tre fattori chiave: l’entità della plusvalenza, la tempistica di vendita e le prospettive di variazione delle aliquote.

Infine, va ricordato che la rivalutazione non è solo un’opportunità di risparmio fiscale immediato, ma anche uno strumento di pianificazione patrimoniale. In un passaggio generazionale, ad esempio, rivalutare le quote o i terreni prima della donazione o della vendita all’interno della famiglia può ridurre l’impatto fiscale complessivo e rendere più lineare il trasferimento.

 

Normativa di riferimento

La disciplina della rivalutazione delle quote societarie e dei terreni affonda le radici in una serie di interventi normativi e di prassi amministrativa che, nel tempo, hanno definito in dettaglio requisiti, modalità operative e limiti dell’agevolazione. Conoscere questo quadro è essenziale non solo per applicare correttamente la misura, ma anche per coglierne appieno le potenzialità.

Il riferimento più recente è la Legge 207/2024 (Legge di Bilancio 2025, art. 1, comma 31–36), che ha reintrodotto, per un periodo limitato, il regime fiscale agevolato per la rideterminazione del valore di partecipazioni e terreni posseduti al 1° gennaio dell’anno di riferimento. La norma consente di versare un’imposta sostitutiva del 18% sul valore rivalutato, in luogo dell’aliquota ordinaria del 26% sulla plusvalenza. Un elemento importante di questa legge è l’estensione delle agevolazioni a determinate operazioni di cessione e assegnazione di beni ai soci da parte di società di persone e di capitali, purché i beni non siano strumentali all’attività d’impresa.

La misura si innesta su un impianto normativo più ampio, la cui prima formulazione risale alla Legge 448/2001, in particolare agli articoli 5 e 7.

  • Articolo 5: disciplina la rideterminazione del valore di acquisto delle partecipazioni non quotate, fissando aliquote differenziate (storicamente 4% per partecipazioni qualificate e 2% per le non qualificate) e introducendo la possibilità di rateizzare il pagamento dell’imposta sostitutiva.
  • Articolo 7: estende la possibilità di rivalutazione ai terreni edificabili e agricoli, con aliquota storicamente fissata al 4% e le stesse regole di perizia giurata e rateizzazione.

 

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La prassi amministrativa ha chiarito molte questioni applicative. La Circolare AdE n. 47/E del 24 ottobre 2011 ha, ad esempio, specificato che la rivalutazione può essere effettuata anche da soggetti che hanno riacquisito la piena proprietà dei beni a seguito di procedimenti giudiziari e che, in caso di successive rivalutazioni dello stesso bene, è possibile scomputare l’imposta già versata o chiederne il rimborso entro termini di decadenza ben precisi.

Successivamente, la Circolare AdE n. 1/E del 22 gennaio 2021 ha fornito ulteriori chiarimenti in relazione alle leggi di bilancio 2020 e 2021, soffermandosi su aspetti pratici come la data di riferimento per il possesso, la possibilità di rivalutazione parziale e il trattamento delle partecipazioni detenute in comunione legale tra coniugi.

Anche la giurisprudenza ha contribuito a consolidare l’interpretazione della norma. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con le sentenze n. 2321 e 2322 del 31 gennaio 2020, hanno stabilito che l’indicazione, nell’atto di vendita, di un corrispettivo inferiore al valore periziato non comporta la decadenza dal beneficio, purché la rivalutazione sia stata effettuata correttamente secondo la legge. Questo principio offre maggiore flessibilità nelle trattative di cessione, riducendo il rischio di contestazioni formali.

 

La rivalutazione delle quote societarie e dei terreni è, prima di tutto, uno strumento di pianificazione fiscale.

 

Questo strumento è utile per chi sta pianificando la cessione di partecipazioni.

Se il valore attuale delle quote è sensibilmente più alto del costo storico, la tassazione ordinaria al 26% potrebbe generare un’imposta elevata, riducendo il ricavato netto. Rivalutare prima della cessione, pagando il 18% sul valore periziato, consente di cristallizzare il carico fiscale e proteggersi da eventuali aumenti futuri delle aliquote.

Un altro contesto in cui la misura trova applicazione strategica è il passaggio generazionale.

In molte famiglie imprenditoriali, le quote societarie vengono trasferite ai figli tramite donazione o altre operazioni di riorganizzazione societaria. Rivalutare le quote prima del passaggio permette di abbattere il valore della plusvalenza potenziale e rendere più lineare la successione, evitando oneri futuri in capo ai beneficiari.

La rivalutazione può rivelarsi utile anche in un’ottica di riassetto patrimoniale. Rivalutare una o più partecipazioni prima di una fusione o scissione interna può semplificare la contabilità e rendere più trasparenti i valori di bilancio, migliorando la capacità di attrarre investitori o di negoziare cessioni parziali.

Sul fronte immobiliare, il meccanismo può essere sfruttato per terreni edificabili destinati alla vendita. Rivalutare prima dell’atto consente di ridurre la tassazione sulla plusvalenza, mantenendo maggiore liquidità da reinvestire. Anche i terreni agricoli, se detenuti come investimento e non come bene strumentale d’impresa, possono beneficiare della misura, specie quando il loro valore di mercato è cresciuto in seguito a trasformazioni urbanistiche o opere di valorizzazione.

Naturalmente, non mancano i casi in cui la rivalutazione non è conveniente. Se il valore attuale del bene non si discosta molto dal costo originario, o se non vi è una prospettiva di cessione a medio termine, il pagamento dell’imposta sostitutiva potrebbe non trovare giustificazione economica. Inoltre, il beneficio si riduce nei casi in cui la plusvalenza rappresenta una quota marginale del prezzo di vendita, rendendo minima la differenza tra il 26% e il 18%.

Per questo, la rivalutazione deve essere inserita in un’analisi più ampia che consideri l’intero assetto patrimoniale e non il singolo bene. Solo così si può decidere se sfruttare la finestra agevolata del 2025 o se attendere, mantenendo flessibilità per eventuali interventi futuri.

 

La rivalutazione delle quote societarie e dei terreni, così come reintrodotta dalla Legge di Bilancio 2025, è uno strumento di ingegneria patrimoniale che, se utilizzato correttamente, può trasformare un’operazione ordinaria in un intervento strategico capace di liberare risorse e ridurre in modo significativo il carico fiscale.

 

Per alcuni contribuenti, la rivalutazione può rappresentare l’occasione per procedere a cessioni, riorganizzazioni societarie o passaggi generazionali in un quadro fiscalmente più favorevole. Per altri, può essere il momento di aggiornare il valore fiscale di asset strategici, anche senza un’immediata intenzione di vendita, così da mantenere aperte opzioni future in un contesto di maggiore certezza tributaria.

Il passo successivo, per chi possiede partecipazioni o terreni che rientrano nei requisiti, è verificare la convenienza economica reale dell’operazione. Questo significa stimare la plusvalenza potenziale, valutare l’impatto della rivalutazione e decidere se sfruttare la finestra agevolata entro il 30 novembre 2025.

 

In un panorama fiscale in continua evoluzione, cogliere per tempo le opportunità offerte dalla normativa non è solo una questione di risparmio immediato, ma un atto di gestione consapevole del proprio patrimonio.

 

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