In molte famiglie italiane, sostenere i figli nell’acquisto della prima casa è una scelta naturale, quasi scontata. Un genitore paga l’anticipo, effettua un bonifico o versa direttamente al notaio la somma necessaria per concludere l’operazione.
Ma ciò che nasce come un atto di generosità può trasformarsi, sul piano giuridico e fiscale, in una donazione indiretta, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di validità, tassazione e rischi successori.
La legge, infatti, distingue tra donazione diretta, formalizzata davanti a un notaio, e donazione indiretta, che si realizza attraverso atti diversi, come un pagamento a favore del beneficiario o l’acquisto di un bene intestato a un familiare.
Proprio in questi casi, spesso, si annidano le maggiori incertezze. Ad esempio, un bonifico senza causale precisa può essere scambiato per un prestito; un pagamento in contanti può risultare privo di prova; una liberalità non documentata può essere contestata da eredi o creditori.
Come è possibile aiutare i propri figli senza compromettere la sicurezza del patrimonio?
La donazione, secondo l’articolo 769 del Codice Civile, è il contratto con cui una persona (il Donante) arricchisce un’altra (il Donatario) trasferendole un bene o un diritto per puro spirito di liberalità, cioè senza ricevere nulla in cambio.
Non si tratta, quindi, di una semplice manifestazione d’affetto, ma di un atto giuridico vero e proprio, che comporta effetti patrimoniali concreti e duraturi.
Il legislatore italiano è molto rigoroso nel disciplinare la donazione, proprio perché implica una riduzione del patrimonio di chi dona.
Per essere valida, la donazione deve essere stipulata per atto pubblico, alla presenza di un notaio e di due testimoni (come previsto dall’articolo 782 c.c.).
Questa forma serve a garantire che il Donante sia pienamente consapevole delle conseguenze del proprio gesto e che l’atto sia autentico, certo e opponibile a terzi.
Una donazione priva di atto pubblico è nulla, cioè priva di effetti giuridici.
Elemento essenziale della donazione, potremmo definirlo “il cuore vivo e pulsante”, è la cosiddetta causa di liberalità, vale a dire la volontà spontanea di arricchire un’altra persona senza contropartita. Questo aspetto permette di distinguere la donazione da altri atti come il mutuo o il prestito familiare.
La giurisprudenza, nel tempo, ha ribadito che l’intento liberale deve essere chiaro, documentato e non equivoco, perché in sua assenza l’atto può essere contestato o riqualificato come un trasferimento oneroso o un’operazione elusiva.
In questo equilibrio tra volontà affettiva e rigore giuridico si colloca la grande differenza tra la donazione diretta (formale, pubblica e certa) e quella indiretta, che nasce invece da comportamenti apparentemente semplici ma capaci di produrre effetti patrimoniali rilevanti.
Ed è proprio su questa seconda tipologia che si concentrano oggi la maggior parte dei dubbi interpretativi e delle controversie, specie in materia di acquisto di immobili a favore dei figli.
Nella vita quotidiana, i trasferimenti di denaro o di beni tra familiari non avvengono sempre attraverso un atto notarile.
Un genitore che paga il prezzo di un appartamento intestato al figlio, un nonno che contribuisce alle spese universitarie del nipote, o un familiare che salda un debito al posto di un altro sono alcuni dei casi in cui si è dinanzi a una donazione indiretta, in quanto l’arricchimento del Beneficiario avviene mediante un atto diverso dal contratto di donazione tipico.
La donazione indiretta è riconosciuta e disciplinata dalla giurisprudenza come una liberalità realizzata attraverso un negozio diverso, cioè un’operazione che, pur non avendo forma di donazione, ne produce gli stessi effetti economici.
A differenza della donazione diretta, non richiede l’atto pubblico notarile, purché l’intento di liberalità sia chiaro, provato e collegato al vantaggio ricevuto dal beneficiario.
La Corte di Cassazione, in numerose sentenze (tra cui la n. 18725/2017 e successive conformi), ha ribadito che la donazione indiretta è perfettamente valida se si può dimostrare il nesso tra l’esborso del Donante e l’arricchimento del Donatario, anche in assenza di un atto formale.
Ciò che trasforma un pagamento o un acquisto in una donazione indiretta è la volontà liberale del donante, che deve poter essere dimostrata con elementi concreti: bonifici, causali esplicite, dichiarazioni, scambi di corrispondenza.
È questo l’aspetto più delicato.
Se manca la prova dell’intento donativo, l’operazione può essere riqualificata come prestito, anticipo o investimento, con possibili richieste di restituzione o contestazioni da parte di altri eredi.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (n. 22748/2023) ha confermato che la donazione indiretta di denaro destinato all’acquisto di un immobile non richiede la forma notarile, ma deve risultare “inequivocabilmente collegata all’acquisto e sostenuta da prova dell’intento liberale”.
In mancanza di tale prova, la somma può essere considerata un finanziamento, con tutte le conseguenze in sede civile e successoria.
La donazione indiretta, dunque, rappresenta una forma flessibile ma insidiosa di trasferimento patrimoniale, che semplifica gli aspetti formali ma impone una maggiore attenzione alla tracciabilità e alla documentazione dell’operazione.
La donazione indiretta è uno strumento utile e diffuso, ma proprio la sua flessibilità può trasformarsi in un terreno minato se non viene gestita con consapevolezza.
Molti credono che basti un semplice bonifico bancario o una dichiarazione di intenti per rendere “ufficiale” la donazione. In realtà, le cose sono più complesse.
In assenza di una forma precisa e di una tracciabilità chiara, un gesto di generosità può essere frainteso o addirittura contestato da chi, in futuro, ne mette in dubbio la natura.
Scrivere “regalo per casa” o “aiuto al figlio” nella causale di un bonifico non è sufficiente a garantire la validità della donazione indiretta.
Il trasferimento di denaro deve essere accompagnato da elementi oggettivi che dimostrino lo spirito di liberalità e il collegamento con l’acquisto o l’utilità ricevuta dal beneficiario.
In caso di controversia, per esempio tra familiari dopo una rottura dei rapporti, il giudice valuterà le prove disponibili per stabilire se si tratti davvero di una donazione o piuttosto di un prestito, di un anticipo o di una forma di investimento.
L’assenza di documentazione chiara può portare a conseguenze importanti:
Un caso gestito dal Tribunale di Catanzaro nel 2025 ha portato chiarezza su questi aspetti.
Un familiare chiedeva la restituzione di circa 280.000 euro trasferiti con bonifici per l’acquisto di una casa intestata a un parente.
Il giudice, richiamando l’orientamento della Cassazione, ha stabilito che:
Questa decisione conferma che la prova dello spirito di liberalità è la chiave per distinguere una donazione indiretta da un prestito o da un investimento.
Per ridurre al minimo i rischi di contestazione, è opportuno:
Ogni liberalità, anche quella fatta in famiglia, deve essere trasparente, tracciabile e documentata.
Questo non solo per ragioni giuridiche, ma anche per motivi fiscali e successori: un atto chiaro, ben motivato e comprovato evita future liti e protegge tutti i soggetti coinvolti.
Nel linguaggio comune si parla di “donazione” in senso generico, ma dal punto di vista giuridico esistono due forme molto diverse: la donazione diretta e la donazione indiretta.
La donazione diretta è quella “classica”: un contratto formalizzato davanti a un notaio e due testimoni, con cui il donante trasferisce un bene o una somma di denaro a titolo gratuito (art. 782 c.c.).
È l’unica forma di donazione che gode di certezza assoluta, perché è assistita dalle garanzie dell’atto pubblico.
Il rovescio della medaglia è rappresentato dai costi notarili, dalle tempistiche burocratiche e da una maggiore rigidità nella gestione dei rapporti familiari.
La donazione indiretta, invece, si realizza attraverso un atto diverso, come un pagamento, un acquisto o l’estinzione di un debito, purché finalizzato ad arricchire il beneficiario.
Non richiede la forma dell’atto pubblico e consente una maggiore semplicità e immediatezza, motivo per cui è la via più utilizzata nei rapporti familiari, ad esempio per aiutare un figlio nell’acquisto della prima casa.
Il vantaggio principale è la flessibilità: il genitore può pagare direttamente il venditore, o trasferire le somme con bonifico, senza dover formalizzare una vera e propria donazione davanti al notaio.
Ma questa libertà comporta un rovescio importante: la necessità di provare l’intento donativo in modo chiaro e inequivocabile.
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Ogni donazione, diretta o indiretta, incide sul patrimonio del Donante.
Proprio per questo motivo il legislatore e la giurisprudenza riconoscono ai terzi, come i creditori o gli eredi legittimari, specifici strumenti di tutela volti a impedire che una liberalità arrechi pregiudizio ai loro diritti.
Anche una donazione indiretta può dunque essere contestata o revocata, se compiuta in un momento inopportuno o senza adeguata pianificazione.
Uno dei rischi principali riguarda i creditori del Donante.
Se la donazione, anche indiretta, riduce la consistenza patrimoniale del debitore e compromette la possibilità per i creditori di essere soddisfatti, questi ultimi possono promuovere la cosiddetta azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.).
Con tale azione, il creditore può chiedere al giudice di dichiarare inefficace l’atto di donazione nei suoi confronti, ripristinando la possibilità di agire sui beni donati.
Non è necessario dimostrare la malafede del beneficiario: è sufficiente provare che la liberalità ha diminuito la garanzia patrimoniale del debitore.
Nel caso di donazione indiretta, la revocatoria è più complessa, ma non impossibile.
Ad esempio, un pagamento del prezzo di un immobile intestato al figlio può essere revocato se avvenuto in presenza di debiti noti e preesistenti.
La giurisprudenza (Cass. civ., n. 18725/2017) ha infatti precisato che l’azione revocatoria può colpire anche atti diversi dal contratto di donazione, purché producano un effetto di depauperamento del patrimonio.
Altro fronte delicato riguarda gli eredi legittimari (coniuge, figli, ascendenti), tutelati dagli articoli 553 e seguenti del Codice Civile.
Se la donazione (diretta o indiretta) eccede la quota disponibile del patrimonio del donante, gli eredi lesi possono esercitare l’azione di riduzione, chiedendo che la liberalità venga ridotta o annullata per ristabilire l’equilibrio successorio.
Ciò significa che anche un aiuto economico per l’acquisto della casa di un figlio, se non correttamente qualificato o documentato, può generare future controversie ereditarie.
Il rischio maggiore emerge quando la liberalità non è stata tracciata o è stata realizzata in modo informale, rendendo difficile distinguere una donazione da un anticipo di eredità o da un investimento familiare.
Per evitare problemi futuri, è fondamentale agire con trasparenza e pianificazione.
La donazione indiretta non è immune da contestazioni.
Solo una gestione consapevole, che tenga conto degli effetti giuridici, fiscali e successori, può garantire che l’aiuto economico a un familiare si trasformi in un atto duraturo, valido e sicuro.
Le donazioni indirette rappresentano una pratica comune nelle famiglie italiane, soprattutto quando si tratta di sostenere figli o nipoti nell’acquisto della prima casa o nelle spese più importanti della vita.
Ma ogni gesto di liberalità deve essere gestito con metodo: basta una causale imprecisa, una mancanza di prova o una leggerezza formale per trasformare un aiuto familiare in una futura controversia.
Per facilitare la comprensione di questo delicato argomento, riporto tre situazioni che aiutano a comprendere rischi, implicazioni e soluzioni operative.
Pensiamo auna madre che decide di aiutare il figlio a comprare casa, versando 70.000 euro direttamente sul suo conto. La causale del bonifico è “Aiuto acquisto casa”.
Dopo qualche anno, i rapporti familiari si incrinano e la madre, temendo che l’importo venga considerato perso, vorrebbe dimostrare che non si trattava di una vera e propria donazione.
Senza un atto notarile e senza documenti aggiuntivi, l’operazione può essere interpretata in due modi: come donazione indiretta, se lo spirito di liberalità è provato; oppure come prestito, se mancano elementi di volontà donativa.
In assenza di prove, la questione rischia di finire in giudizio.
Come comportarsi in questa situazione?
Una coppia di nonni desidera aiutare la nipote ad acquistare il suo primo appartamento.
Versano il prezzo dell’immobile direttamente al notaio, che provvede a trasferirlo al venditore.
L’immobile viene intestato alla nipote.
Questa operazione è un esempio perfetto di donazione indiretta documentata, poiché il pagamento è tracciato, il collegamento tra l’esborso e l’acquisto è chiaro e il tutto è riportato nell’atto notarile.
Cosa fare?
Un genitore paga direttamente il mobilificio per arredare la casa appena acquistata dal figlio. Non si tratta di un trasferimento di denaro, ma di un pagamento effettuato “per conto” del beneficiario.
Anche questo atto, pur non essendo un contratto di donazione, integra una donazione indiretta, perché genera un vantaggio economico al figlio. Tuttavia, se il pagamento non è tracciato o non viene menzionato in alcun documento, può essere difficile provarne la natura liberale.
Quali sono le azioni consigliate?
Questi esempi dimostrano che la differenza tra una donazione sicura e una contestabile sta tutta nella tracciabilità e nella prova dello spirito di liberalità.
Non servono formule complesse, ma rigore. Ogni passaggio di denaro deve poter essere spiegato, motivato e ricondotto a un’intenzione chiara e documentata.
La consulenza di un notaio o di un professionista esperto di pianificazione patrimoniale è il modo più efficace per evitare che un gesto di affetto diventi, in futuro, una questione legale o fiscale.
La donazione indiretta è uno strumento prezioso, ma la sua efficacia dipende interamente dalla correttezza formale e dalla chiarezza documentale.
Molte controversie familiari nascono non per cattiva fede, ma per leggerezza. Basti pensare a una causale sbagliata, una prova mancante o una donazione fatta “a voce” possono trasformare un gesto generoso in un problema legale o fiscale.
Scrivere “aiuto economico” o “regalo” è troppo vago. Serve una causale che espliciti la finalità dell’operazione, come “liberalità per acquisto prima casa del figlio”.
Pagamenti in contanti o tramite terzi rendono quasi impossibile dimostrare la provenienza delle somme e l’intento donativo.
Se il denaro serve per l’acquisto di un immobile, l’atto di compravendita deve indicare chi ha versato le somme e a quale titolo.
Senza e-mail, chat o dichiarazioni scritte, è difficile dimostrare che il denaro non dovesse essere restituito.
Una donazione mal gestita può violare le quote di legittima degli eredi o generare tassazioni inattese, con possibili azioni di riduzione o revocatorie.
Per agire in modo consapevole e tutelato, ogni donazione indiretta dovrebbe rispettare almeno cinque regole fondamentali:
Specifica fin dall’inizio se si tratta di una liberalità o di un prestito familiare.
Utilizza sempre bonifici bancari o assegni con causale dettagliata, evitando contanti o passaggi intermedi.
Chat, mail, ricevute, dichiarazioni: ogni documento può essere decisivo per dimostrare l’intento donativo.
La presenza del professionista garantisce che le somme siano riportate correttamente negli atti e che si rispettino le agevolazioni fiscali.
Prima di effettuare la donazione, valuta eventuali creditori o eredi legittimari che potrebbero contestarla in futuro.
Dietro ogni donazione c’è un’intenzione nobile, ma la buona fede non basta.
Solo la forma corretta, la tracciabilità e una pianificazione consapevole possono trasformare un gesto affettivo in un atto giuridicamente solido e fiscalmente inattaccabile.
Nel diritto patrimoniale, infatti, ogni atto di liberalità è anche un atto di responsabilità.
Chi dona deve sapere che, senza una forma adeguata o senza prove chiare, rischia di lasciare spazio a future contestazioni: da parte del Fisco, dei creditori o persino degli eredi.
Chi riceve, d’altro canto, deve comprendere che un aiuto familiare non documentato può diventare oggetto di ambiguità o pretese di restituzione.
Quando si parla di tutela del patrimonio familiare, nulla può essere lasciato al caso!