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Scissione mediante scorporo: le ultime novità

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Scissione mediante scorporo: le ultime novità

La scissione societaria è da sempre un’operazione complessa, che unisce aspetti giuridici, fiscali e strategici. Tra le diverse forme previste dal nostro ordinamento, la scissione mediante scorporo ha suscitato un vivace dibattito dottrinale e pratico, soprattutto riguardo alla possibilità di attribuire il patrimonio scorporato a società già esistenti.
Negli ultimi anni, interpretazioni divergenti, pronunce e interventi normativi hanno contribuito a rendere il quadro ancora più articolato. Oggi, con il decreto correttivo, il legislatore ha fatto un passo decisivo per ridurre le incertezze e semplificare il quadro giuridico.

 

Cos’è la scissione mediante scorporo?

Definizione e principi fondamentali

La scissione mediante scorporo è un modo per un’azienda di riorganizzarsi, trasferendo una parte specifica del suo patrimonio a una o più nuove società, pur mantenendo la sua attività principale inalterata.

In parole semplici, si tratta di un’operazione in cui una società assegna parte del suo patrimonio a una o più società di nuova costruzione. Questo avviene mantenendo la propria attività e le relative azioni o quote. È un modo per ristrutturare un’azienda, creando nuove entità senza interrompere le operazioni esistente.

Prendiamo il caso di un’azienda che produce sia software che hardware. Il titolare potrebbe decidere di creare una nuova società focalizzata esclusivamente sullo sviluppo software, trasferendo a essa tutti gli assets e le risorse necessarie per questa attività. In questo caso, l’azienda principale continuerebbe a operare nel settore hardware, ma ora la divisione software avrebbe la sua autonomia e la possibilità di crescere in modo indipendente.

Questa operazione è regolata principalmente dall’articolo 2506.1 del Codice Civile, che ne definisce i contorni legali. Tuttavia, la formulazione di questo articolo ha dato luogo a diverse interpretazioni.

Questo articolo stabilisce che le società beneficiarie della scissione devono essere di nuova costituzione.

Ma cosa significa esattamente? E perché questa affermazione ha generato tanto dibattito?

Alcuni esperti sostengono che la norma debba essere interpretata alla lettera, il che significherebbe che la scissione può avvenire solo a favore di società create appositamente per ricevere il patrimonio scorporato. Altri, invece, ritengono che questa interpretazione sia troppo restrittiva e che la scissione possa avvenire anche a favore di società già esistenti, purché ciò non pregiudichi i diritti dei creditori e degli altri stakeholder.

 

Comprendere le basi e i riferimenti normativi è essenziale per chiunque abbia un’azienda.  

 

Le società di nuova costituzione e la scissione mediante scorporo

Il dibattito interpretativo

Uno dei punti più discussi quando si parla di scissione mediante scorporo riguarda la natura delle società beneficiarie. La formulazione originaria dell’articolo 2506.1 del Codice Civile era molto chiara: le società destinatarie del patrimonio scorporato dovevano essere di nuova costituzione.
Questa previsione ha alimentato per anni un interrogativo, ossia: è davvero esclusa la possibilità di trasferire il patrimonio a favore di società già esistenti, magari appartenenti allo stesso gruppo o partner strategici?

Su questo punto si sono formati due orientamenti contrapposti.

Da un lato c’è l’approccio restrittivo, che invita a leggere la norma in maniera letterale. Per i sostenitori di questa tesi, non ci sono margini di interpretazione: “La norma di scissione deve essere interpretata alla lettera, senza estensioni arbitrarie.”
In quest’ottica, la scissione mediante scorporo è ammissibile solo se porta alla nascita di nuove società create ad hoc. Una visione che privilegia la certezza del diritto e riduce il rischio di utilizzi distorti o elusivi dell’operazione.

Dall’altro lato, invece, troviamo un approccio estensivo e più flessibile. Secondo questa lettura, vincolare le operazioni alla sola costituzione di nuove società rischia di tradursi in un formalismo eccessivo, con effetti poco pratici per le imprese. Per questo, alcuni autori hanno proposto di ammettere come beneficiarie anche società già esistenti, richiamando l’esperienza di altri ordinamenti, come quello tedesco, dove questa soluzione è ammessa senza particolari problemi.

Tuttavia, le argomentazioni a favore dell’estensione non sono state esenti da critiche. Il principale timore è che importare modelli stranieri senza tenere conto delle peculiarità del nostro sistema possa compromettere gli equilibri normativi interni, generando incertezza e contenzioso.

 

La svolta normativa del Decreto Correttivo

Il confronto tra approccio restrittivo ed estensivo non poteva rimanere sospeso a lungo. La divergenza di interpretazioni, infatti, creava incertezza tra gli operatori, ostacolando l’utilizzo della scissione mediante scorporo come strumento di riorganizzazione. Per questo motivo il legislatore è intervenuto con un Decreto Correttivo, introducendo modifiche sostanziali all’articolo 2506.1 c.c.

La novità più rilevante è stata l’apertura esplicita alla possibilità di destinare il patrimonio anche a società già esistenti, non più soltanto a società di nuova costituzione.

Una modifica che ha segnato un cambio di prospettiva importante: le imprese, oggi, hanno più libertà di scelta e possono decidere in base alle proprie strategie se creare una nuova società o valorizzarne una già attiva.

Oltre a questa innovazione, il Decreto ha eliminato il riferimento alla continuazione dell’attività, ritenuto superfluo e potenzialmente fonte di ambiguità. In aggiunta, sono state introdotte clausole di semplificazione che rendono il processo più snello e vicino alle reali esigenze del mercato.

L’intervento normativo ha voluto portare maggiore chiarezza e coerenza, rispondendo alle richieste degli operatori e riducendo il margine di incertezza che per anni aveva caratterizzato la disciplina. Un passo avanti che testimonia come il Diritto societario non sia statico, ma si adatti all’evoluzione delle pratiche economiche e imprenditoriali.

 

Quali sono le implicazioni fiscali della scissione mediante scorporo?

Articolo 173 TUIR

Ogni operazione di scissione, compresa quella mediante scorporo, non può essere valutata soltanto dal punto di vista giuridico. Le conseguenze fiscali, infatti, hanno un peso determinante e possono incidere in modo significativo sulla convenienza e sulla fattibilità dell’operazione.

Il punto di riferimento principale è l’articolo 173, comma 10, del TUIR, che disciplina il riporto delle perdite in caso di scissione. La norma stabilisce in quali condizioni le perdite fiscali possano essere trasferite e utilizzate dalle società coinvolte. Comprendere questo meccanismo è essenziale: una gestione errata può tradursi in pesanti svantaggi economici, fino a compromettere la stabilità finanziaria dell’impresa.

Immaginiamo, ad esempio, una società che vanta perdite pregresse significative. Se queste non possono essere riportate in capo alla beneficiaria, il vantaggio fiscale atteso svanisce e l’operazione potrebbe rivelarsi poco conveniente. Per questo motivo, il tema del riporto delle perdite rappresenta uno degli aspetti più delicati per imprenditori e fiscalisti.

Negli ultimi anni, anche sul piano fiscale si è avvertita l’esigenza di un aggiornamento normativo. Le bozze di decreto correttivo hanno lasciato intravedere un orientamento verso regole più semplici e coerenti con la prassi, nell’ottica di ridurre la complessità e prevenire contenziosi. Tuttavia, proprio perché la disciplina è in continua evoluzione, è fondamentale mantenersi aggiornati e non affrontare queste operazioni senza il supporto di consulenti esperti.

Come sottolineato da diversi professionisti del settore: “Le implicazioni fiscali non possono essere trascurate in operazioni di scissione.”

 

La dimensione fiscale rappresenta non solo un adempimento, ma una vera e propria variabile strategica.

Senza una corretta attribuzione e gestione degli effetti tributari, il rischio è di trasformare un’operazione potenzialmente vantaggiosa in un ostacolo per la crescita dell’impresa.

 

Parlare di scissione mediante scorporo in astratto può sembrare complicato. Per questo è utile guardare a casi concreti, che mostrano come questo strumento possa essere impiegato nella vita reale delle imprese.

Ad esempio, una grande azienda tecnologica che decide di separare la divisione di ricerca e sviluppo. Creando una nuova società interamente dedicata all’innovazione, il gruppo può rendere più agile quella specifica attività, attrarre investitori interessati al settore e favorire la crescita di progetti che, rimanendo “incapsulati” nella struttura originaria, rischierebbero di essere rallentati da processi interni troppo complessi.

Un altro caso frequente riguarda le aziende della distribuzione, soprattutto in tempi di forte crescita del commercio elettronico. Alcuni gruppi hanno scelto di separare le attività online da quelle fisiche, creando due entità autonome ma coordinate. In questo modo, ciascuna può adottare modelli organizzativi e strategie di mercato mirate, aumentando efficienza e competitività.

 

La scissione mediante scorporo non è soltanto una questione tecnica o formale, ma può diventare una vera leva strategica.

L’obiettivo non è soltanto “separare” rami d’azienda, ma specializzarevalorizzare e, in molti casi, rendere più attraenti parti del business nei confronti di investitori o partner commerciali.

 

Ogni azienda deve valutare con attenzione la propria situazione, le risorse disponibili e gli obiettivi di lungo periodo. Solo così è possibile capire se una scissione rappresenti davvero la scelta giusta.

 

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Qualche consiglio per imprenditori e fiscalisti…

Affrontare una scissione mediante scorporo significa entrare in un terreno complesso, dove si intrecciano aspetti giuridici, fiscali e strategici. Non è un’operazione da improvvisare, poiché richiede preparazione, competenze specifiche e una visione chiara degli obiettivi da raggiungere.

Per gli imprenditori che valutano questa strada, il primo passo è studiare attentamente la normativa vigente e le più recenti modifiche introdotte dal decreto correttivo. Solo conoscendo il quadro di riferimento è possibile prendere decisioni consapevoli.

Un secondo aspetto riguarda le implicazioni fiscali. Non si tratta di un dettaglio tecnico, ma di un fattore decisivo. Una valutazione errata sul riporto delle perdite o sulla corretta attribuzione degli effetti fiscali può tradursi in costi imprevisti e conseguenze pesanti per l’azienda.

Per questo motivo è fondamentale affidarsi a professionisti esperti, capaci di guidare ogni fase del processo: dall’analisi preliminare alla pianificazione operativa, fino alla gestione degli adempimenti legali e tributari. Una consulenza qualificata consente di evitare errori e di cogliere appieno le opportunità offerte dallo scorporo.

Infine, non bisogna dimenticare la pianificazione strategica. Una scissione deve inserirsi in una visione più ampia di riorganizzazione e crescita. Solo con un progetto chiaro è possibile sfruttare al meglio le potenzialità di questa operazione.

 

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