Ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, comma 4 (TUIR), non possono considerarsi sopravvenienze attive e, dunque, essere tassati, i versamenti in denaro effettuati a titolo di finanziamento da parte dei soci alla società con successiva rinuncia da parte dei soci al credito vantato.
Nel caso in commento il contribuente, una società a responsabilità limitata, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2007, notificato nel 2012, mediante il quale l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione componenti positivi di reddito derivanti da sopravvenienze attive conseguenti alla rinuncia al credito vantato da parte dei soci finanziatori.
Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale hanno rigettato in primo e secondo grado la richiesta da parte dell’Agenzia delle Entrate, in quanto hanno confermato quanto previsto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, comma 4 (TUIR).
L’Agenzia delle Entrate, vedendosi soccombente in primo e in secondo grado, ha proposto ricorso per Cassazione contestando la violazione e la falsa applicazione del TUIR, art. 88, comma 4.
In risposta la Corte di Cassazione, con ordinanza 20052 del 24 settembre 2020, intervenendo sull’aspetto fiscale generato dalla rinuncia al finanziamento da parte di un socio, ha stabilito che tale rinuncia non può essere considerata come una sopravvenienza attiva per la società, ai sensi dell’art. 88 TUIR, che così recita all’art.1: “Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi”.
Continua l’Alta Corte evidenziando che l’apporto finanziario iniziale del socio ed il successivo venir meno per la società dell’obbligo di restituzione del prestito risulta essere una mera evidenza patrimoniale.
L’introduzione dell’articolo 88 (TUIR) comma 4-bis, aggiornato al 30 giugno 2020, così recita: “… La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero.
Ai sensi del comma 4-bis del citato articolo 88(TUIR), la rinuncia del socio al credito verso la società è tassata in capo alla stessa solo per l’eccedenza rispetto al relativo valore fiscale. Il valore fiscale del credito rinunciato deve essere comunicato dal socio alla società con dichiarazione sostitutiva di atto notorio; in assenza di tale comunicazione il valore fiscale del credito si deve assumere pari a zero, con conseguente integrale tassazione in capo alla società del debito cancellato.
Tuttavia l’adempimento comunicativo non è necessario quando il socio è una persona fisica: in questo caso la sua rinuncia è sempre detassata in capo alla società. Quando il socio finanziatore rinuncia, mediante un atto da qualificarsi quale remissione del debito ex art. 1236 c.c., alla restituzione del finanziamento erogato alla società, tale finanziamento è considerato “versamento a fondo perduto”.
Facciamo 3 esempi:
La Risoluzione n. 124/E/2017 ha confermato che tale dichiarazione sostitutiva di atto notorio deve essere rilasciata dalle persone giuridiche e non dalle persone fisiche, mentre è consigliabile, onde evitare problemi con l’Agenzia delle Entrate, di farlo anche per le persone fisiche.
Approfondendo il profilo civilistico è bene osservare che per le persone giuridiche l’OIC 28 prevede che la rinuncia del credito da parte del socio, contabilmente, deve essere considerato come un apporto patrimoniale.
Per concludere, va rimarcato che occorre prestare molta attenzione alla natura del credito oggetto di rinuncia, in quanto possono sorgere significative insidie fiscali.