
La Convenzione dell’Aja del 1985, recepita in Italia con la legge 364/1989, rende pienamente valido il Trust ma non offre ancora una disciplina organica sul “chi” possa gestirlo. Ciò significa che il livello di tutela dipende, di fatto, dalla qualità dei professionisti coinvolti. Questo vuoto normativo può creare incertezze sia per i Beneficiari che per i settlor, rendendo indispensabile una valutazione attenta delle competenze di chi amministra il Trust.
Un esperto in Trust deve quindi possedere non solo una profonda conoscenza giuridica, ma anche una solida esperienza pratica per garantire una corretta gestione e tutela degli interessi delle parti coinvolte. Inoltre, è fondamentale che le persone incaricate di gestire il Trust agiscano sempre nel pieno rispetto delle intenzioni del Disponente e delle norme vigenti.
Il professionista in questione deve:
Il Trust è, senza dubbio, uno degli strumenti più sofisticati e importanti per la protezione del patrimonio.
La capacità di segregare i beni e di proiettare le volontà del Disponente nel futuro lo rende una soluzione strategica senza eguali. Tuttavia, la sua efficacia non risiede magicamente in un atto notarile, ma poggia interamente su un unico, delicato fulcro: la professonalità, le competenze e l’integrità dei professionisti a cui ci si affida per costituirlo.
Questa scelta è ciò che trasforma un complesso strumento giuridico in una fortezza inespugnabile, capace di garantire serenità per generazioni. O, al contrario, in un guscio vuoto, vulnerabile ad attacchi fiscali, impugnazioni e dolorosi conflitti familiari. Il confine tra questi due esiti è definito unicamente dalla competenza del professionista.
Un Trust solido, dunque, non è mai opera di un singolo professionista, per quanto brillante possa essere. Va, piuttosto, concepito come un’orchestra, in cui ogni musicista svolge una partitura unica e insostituibile, contribuendo a un’armonia finale che è molto più della somma delle singole parti. Se anche uno solo di questi ruoli è assente o affidato a una figura inadeguata, l’intera architettura giuridica ne risente, perdendo equilibrio ed efficacia.
Il primo ruolo, fondamentale, è quello del redattore dell’Atto Istitutivo. È la mente strategica che, prima ancora di posare “la penna sul foglio bianco”, ascolta i desideri del cliente, comprende i obiettivi e analizza la complessità e le peculiarità della situazione familiare e patrimoniale. Il suo compito non si esaurisce nel redigere un documento, ma nel delineare e progettare una soluzione su misura. È il professionista che traduce le intenzioni in clausole legali inattaccabili, che sceglie la legge regolatrice più solida e adatta al caso, che pianifica la fiscalità dei flussi reddituali e che plasma un sistema di pesi e contrappesi per prevenire futuri conflitti. Inoltre, si occupa di monitorare costantemente l’andamento del Trust per assicurare una gestione efficiente e trasparente. Da ultimo, non certo per importanza, fornisce consulenza strategica finalizzata a ottimizzare la protezione del patrimonio nel lungo periodo.
Il suo lavoro è la base sulla quale si reggerà l’intero edificio, assicurando che le volontà del Disponente sopravvivano al tempo e agli imprevisti.
Se il Redattore è l’architetto, il Trustee professionale è il custode e l’amministratore dell’edificio una volta costruito. Con l’istituzione del Trust, è a lui che viene trasferita la proprietà legale dei beni, ma con un vincolo ferreo: gestirli con la massima diligenza non per sé stesso, ma esclusivamente nell’interesse dei Beneficiari o per il raggiungimento dello scopo definito.
L’indipendenza, l’integrità e la competenza multidisciplinare sono le sue qualità imprescindibili. Un Trustee professionale sa come gestire un’azienda, amministrare un immobile o valorizzare un portafoglio finanziario. Agisce senza condizionamenti emotivi o conflitti d’interesse personali, rendiconta il proprio operato con trasparenza e garantisce che il patrimonio non solo sia protetto, ma sia gestito attivamente e correttamente nel rispetto delle regole che avete stabilito. Oltre a dimostrare solidità patrimoniale, indipendenza e alfabetizzazione multidisciplinare, con competenze approfondite nei settori della finanza, della contabilità e del diritto internazionale, il Trustee professionale deve essere sempre aggiornato, al fine di affrontare con competenza e consapevolezza le complesse dinamiche del mercato e delle normative vigenti.
Solo attraverso un approccio integrato e una rigorosa deontologia è possibile assicurare la massima trasparenza e sicurezza nella gestione patrimoniale.
Il ruolo del Guardiano è quello di essere “l’occhio vigile” del Disponente, un supervisore che garantisce l’aderenza del Trustee alla rotta da tracciata. Il Guardiano non amministra i beni direttamente, ma vigila sull'operato del Trustee, approva le decisioni di maggiore rilevanza strategica e, in ultima istanza, detiene il potere fondamentale di rimuoverlo e sostituirlo qualora non agisse in conformità con l’Atto di Trust.
La sua presenza è una garanzia irrinunciabile nei Trust a lungo termine, in quelli discrezionali o quando i Beneficiari sono soggetti vulnerabili.
Alla luce di ciò, sorge spontanea una domanda:
“Come distinguere, nel vasto panorama dei consulenti, i veri specialisti dagli improvvisati?”
Vuoi istituire un Trust e sei alla ricerca di un professionista?
Non fermarti alle apparenze, scendi in profondità e abbi cura di verificare l’esistenza di 5 aspetti fondamentali che, insieme, tracciano un profilo di reale affidibalitià.
Un professionista che dedica la propria carriera a questa materia specialistica non opera nell’ombra, ma cerca il confronto e la validazione da parte dei suoi pari. In Italia, il punto di riferimento più autorevole è l’Associazione “Il Trust in Italia”, nata per volontà dei Consigli Nazionali di Notai, Avvocati e Commercialisti. Controllare che l’interlocutore sia iscritto ai Registri Pubblici, come il Registro dei Trustee e Guardiani Professionali, è il primo passo per avere la certezza di affidarsi a un professionista che ha superato un vaglio di competenza.
L’iscrizione, però, da sola non basta. Il diritto e la fiscalità sono un fiume in piena, in costante evoluzione.
L’appartenenza a questi registri qualificati non è un titolo onorifico permanente; richiede un impegno costante, con l’obbligo di accumulare crediti formativi e superare verifiche periodiche. Questo garantisce che il professionista non sia fermo a nozioni obsolete, ma sia costantemente aggiornato sulle ultime sentenze della Cassazione e sulle più recenti interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate.
In terzo luogo, è bene considerare la natura intrinsecamente complessa del Trust. Esso intreccia in modo indissolubile aspetti legali e fiscali, che sono due facce della stessa medaglia. Un consulente che opera in solitaria, per quanto esperto nel proprio campo, rischia di avere una visione parziale. Il mio consiglio è di privilegiare sempre un team integrato, dove avvocati e commercialisti lavorano in sinergia. Questa collaborazione assicura una gestione completa e impeccabile, capace di affrontare con la stessa sicurezza tanto la stesura di una clausola complessa quanto gli adempimenti tecnici del monitoraggio fiscale.
Questo aspetto non è un mero dettaglio burocratico, ma la cartina di tornasole della serietà di un professionista. Sottoscrivere una copertura assicurativa dedicata all’attività di Trustee significa riconoscere il peso della propria responsabilità e investire per proteggere il cliente e il suo patrimonio da qualsiasi potenziale errore o negligenza.
Un professionista etico presenta un preventivo chiaro, dettagliato e basato su tariffe professionali o a forfait. Diffidate profondamente di chi propone compensi calcolati unicamente in percentuale sul valore del patrimonio gestito. Questo modello, apparentemente allettante, nasconde un pericoloso conflitto d’interessi, poiché potrebbe spingere il Trustee a effettuare investimenti più rischiosi per aumentare il proprio compenso, anziché agire con la prudenza del buon padre di famiglia nell’esclusivo interesse del cliente.
“Perché dovrei affidare il mio patrimonio a un professionista esterno, quando potrei nominare Trustee una persona di famiglia, un amico fidato o il commercialista che mi segue da una vita?”
È una domanda legittima, dettata dalla ricerca di un rapporto umano e da un apparente risparmio. Tuttavia, è proprio su questo terreno che si commettono gli errori più gravi, spesso in totale buona fede.
La differenza tra un Trustee professionale e un Trustee occasionale non è una sfumatura, ma un abisso.
Un professionista ha scelto di fare del Trust la sua attività principale e abituale. Questo significa che ha investito in una struttura dedicata, in software specifici per la rendicontazione, in formazione costante e in polizze assicurative adeguate. Per lui, ogni incarico è parte di una reputazione da difendere e di un'attività da portare avanti nel tempo.
Un amico, un parente o un consulente non specializzato, al contrario, accetta un incarico episodico, spesso senza avere una piena consapevolezza della complessità e delle responsabilità civili e fiscali che ne derivano. Non dispone di una polizza RC specifica e, soprattutto, la sua capacità di gestire l’incarico è legata indissolubilmente alle sue vicende personali.
Cosa accadrebbe se dovesse ammalarsi, avere un imprevisto o semplicemente non avere più il tempo o le energie per seguire il Trust? Si creerebbe un pericoloso “vuoto d'ufficio”, una paralisi gestionale che un team professionale, grazie alla sua struttura, può invece scongiurare, garantendo continuità operativa nel lungo, se non lunghissimo, periodo.
La professionalità e la sicurezza non sono negoziabili!
La scelta di un professionista esterno, dunque, non è un’opzione tra le tante, ma diventa una necessità assolutain tre casi specifici.
Primo caso, quando il patrimonio in Trust non è composto solo da liquidità, ma include asset complessi, come partecipazioni aziendali, immobili da gestire o collezioni d’arte, che richiedono competenze manageriali e amministrative specialistiche.
Secondo caso, quando il Trust è concepito per durare oltre una singola generazione, perché solo una struttura professionale può garantire quella continuità che va al di là della vita di un singolo individuo.
Terzo caso, ma non meno importante, quando è fondamentale neutralizzare potenziali conflitti e gelosie tra eredi. Infatti, nominare un soggetto terzo, indipendente ed equidistante, è il modo più efficace per assicurare che le decisioni vengano prese con imparzialità, prevenendo quelle dinamiche familiari che possono minare l’armonia e lo scopo stesso del Trust.
Aver compreso chi scegliere e perché è un passo fondamentale. Ma la strada per costruire un Trust solido è disseminata anche di trappole, spesso presentate come “soluzioni intelligenti” o “scorciatoie” da consulenti poco preparati.
Il primo e più diffuso errore è nominare sé stessi come Trustee. Il cosiddetto Trust Autodichiarato, sebbene tecnicamente possibile in alcune giurisdizioni, è una pratica che in Italia mette un enorme bersaglio sulla schiena del Disponente.
Per l’Agenzia delle Entrate, è un campanello d’allarme che fa scattare il sospetto di interposizione fittizia. Un Trust in cui il controllore e il controllato coincidono manca di quella terzietà che ne costituisce l’essenza, rendendolo estremamente vulnerabile e facilmente impugnabile da creditori o eredi legittimari.
Nella volontà di essere inclusivi, a volte si cade nell’errore della vaghezza. Clausole che designano i Beneficiari con formule generiche come “i miei futuri eredi” o “la mia discendenza” senza criteri chiari per la loro identificazione, aprono le porte a un futuro di incertezza e contenzioso.
Un Trust efficace richiede che i Beneficiari siano determinati o, quantomeno, oggettivamente e inequivocabilmente determinabili sulla base di criteri precisi indicati nell'atto.
Il cuore del Trust è la segregazione patrimoniale: i beni escono dal patrimonio del Disponente per entrare in quello del Trust. Se, dopo l’istituzione, il Disponente continua a gestire di fatto quei beni, a impartire ordini vincolanti al Trustee o a utilizzarli come se fossero ancora suoi, mina alle fondamenta l’intero edificio. Un giudice potrebbe facilmente dichiarare il Trust nullo per simulazione, facendo rientrare i beni nel patrimonio e rendendoli nuovamente aggredibili. La separazione deve essere reale, non solo una finzione giuridica.
Come abbiamo visto, la polizza RC non è un optional. Affidare il proprio patrimonio a un Trustee che ne è sprovvisto è un rischio inaccettabile. Anche un banale errore formale in un rendiconto o una svista in una dichiarazione fiscale possono generare una responsabilità personale e un danno patrimoniale. L’assicurazione protegge il patrimonio del Trust da queste eventualità, garantendo che un errore umano non si trasformi in una perdita economica per i Beneficiari.
Specialmente nei Trust discrezionali, dove il Trustee gode di un’ampia autonomia decisionale, l’assenza di un Guardiano o la nomina di una figura che non esercita attivamente il proprio ruolo di vigilanza è una leggerezza imperdonabile. Senza un efficace contrappeso, il potere del Trustee diventa assoluto, con il rischio concreto che le sue decisioni possano deviare dalle vostre reali intenzioni o, nei casi peggiori, sfociare in veri e propri abusi a danno dei beneficiari. Il controllo è una garanzia, non una complicazione.
Scegliere i professionisti giusti a cui affidare la redazione e la gestione del Trust non è un “costo burocratico” da cercare di minimizzare, ma è a tutti gli effetti, l’investimento più importante e strategico per garantire l’efficacia, la trasparenza fiscale e la tenuta nel tempo del progetto di protezione.
