
Nel complesso mosaico delle strategie patrimoniali italiane, l’usufrutto e la nuda proprietà rappresentano strumenti potenti e versatili per il passaggio generazionale e la tutela del patrimonio familiare.
Viviamo in un contesto economico dove la ricchezza delle famiglie italiane è ancora fortemente concentrata nel mattone e nelle partecipazioni societarie. In questo senso, la separazione chirurgica tra la proprietà piena (il titolo) e i diritti di godimento (l’uso e il reddito) diventa la soluzione ideale per risolvere il “paradosso del fondatore”, ossia il desiderio di trasferire ricchezza agli eredi senza però perdere il controllo economico e decisionale sui propri beni finché si è in vita.
L’attualità di questi temi è innegabile. Con le recenti modifiche normative del biennio 2024-2025 e l’introduzione dei nuovi coefficienti di calcolo basati sul rialzo dei tassi di interesse legale, ci troviamo di fronte a una finestra di opportunità straordinaria.
L’usufrutto e la nuda proprietà offrono opportunità straordinarie per ottimizzare la pianificazione successoria, ridurre l’impatto fiscale e garantire la continuità aziendale.
L’anno 2025 non è stato un anno di ordinaria amministrazione per la fiscalità immobiliare. Ha portato con sé una vera e propria rivoluzione normativa che ha ridefinito il trattamento fiscale dell’usufrutto e della nuda proprietà.
La Legge di Bilancio 2024 ha modificato l’articolo 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), introducendo una distinzione che, nei primi mesi dell’anno, ha generato forti turbolenze nel mercato.
Il nodo critico riguardava la risposta ad interpello n. 133/2025 dell’Agenzia delle Entrate, che aveva prospettato un rischio concreto di doppia tassazione nelle operazioni di vendita separata (cessione dell’usufrutto a un soggetto e della nuda proprietà a un altro).
L’interpretazione iniziale suggeriva di tassare queste operazioni come due negozi autonomi produttivi di “redditi diversi”, penalizzando pesantemente il cedente.
Tuttavia, l’art. 1, comma 1-bis del D.L. 84/2025 fornisce una norma di interpretazione autentica del comma 1, lettera h) dell’art. 67 del D.P.R. 917/1986 che qualifica come redditi diversi, ai fini IRPEF, i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto o dalla costituzione di diritti reali di godimento su beni immobili.
È stato chiarito definitivamente che la qualifica di “redditi diversi” (tassazione più onerosa) si applica solo quando il cedente mantiene un diritto reale residuo sull’immobile. Al contrario, quando l’alienazione determina la perdita totale della titolarità del bene, anche se realizzata attraverso vendite separate e contestuali a più soggetti, si è in presenza di una cessione unitaria con applicazione del regime delle plusvalenze.
In questo scenario, si applica il regime standard delle plusvalenze immobiliari, molto più favorevole e, in molti casi (possesso ultra-quinquennale o abitazione principale), totalmente esente da imposte. Questo intervento ha restituito serenità agli investitori, rendendo nuovamente sicure ed efficienti le operazioni di smembramento della proprietà.
Oltre alle regole, sono cambiati i numeri. Una delle modifiche dall’impatto più immediato riguarda i coefficienti per il calcolo dell’usufrutto e della nuda proprietà. Dal giorno 1 gennaio 2025, il tasso di interesse legale è stato fissato al 2,5% (Decreto Ministeriale del 27 dicembre 2024).
Questo incremento rispetto ai tassi precedenti non è un mero dettaglio contabile, poiché modifica sostanzialmente il valore degli asset trasferiti. Il rialzo del tasso comporta, matematicamente, un aumento del valore dell’usufrutto (poiché i frutti futuri vengono attualizzati a un tasso più alto) e una corrispondente diminuzione del valore della nuda proprietà. Questa progressione, legata all’aspettativa di vita, diventa l’ago della bilancia nella pianificazione fiscale.

I valori sono calcolati sulla base delle disposizioni ministeriali correlate al tasso legale del 2,5%. L’età è da intendersi in riferimento ad anni compiuti.
Per un usufruttuario di 40 anni, l’usufrutto assorbe oggi ben l’85% del valore dell’immobile. La nuda proprietà vale solo il 15%. Questo rende la donazione della nuda proprietà estremamente conveniente, abbattendo drasticamente la base imponibile su cui calcolare le imposte.
Per un usufruttuario di 80 anni, il rapporto si inverte: l’usufrutto vale solo il 25% mentre la nuda proprietà sale al 75%.
Capire come l’età incida sul valore fiscale è il primo passo per individuare la miglior strategia per una pianificazione patrimoniale efficiente.
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Quando si parla di usufrutto, il Codice Civile ci offre diverse varianti che, se sapientemente utilizzate, permettono di modulare il passaggio generazionale con precisione sartoriale.
Non si tratta solo di dividere un bene, ma di allocare diritti, doveri e garanzie nel tempo.
Questa tipologia rappresenta la forma più comune e immediata di separazione tra proprietà e godimento. Il proprietario (detto “Donante”) può trasferirne la nuda proprietà mantenendo per sé il diritto di usufrutto, oppure può costituire l’usufrutto a favore di terzi, conservando la nuda proprietà.
La donazione con riserva di usufrutto è probabilmente la soluzione più utilizzata nella pratica.
Il Donante trasferisce la nuda proprietà al Beneficiario (spesso un figlio o un erede designato) riservandosi il diritto di continuare a utilizzare il bene. Questa operazione consente di anticipare gli effetti successori, evitando le problematiche tipiche dell’apertura della successione.
Il vantaggio primario è il “congelamento” del valore fiscale. Le imposte di donazione si calcolano sul valore della nuda proprietà al momento dell’atto.
Se l’immobile si rivaluta nei vent’anni successivi, tale plusvalore sfuggirà totalmente alla tassazione successoria al momento della morte dell’usufruttuario, quando la nuda proprietà si “espanderà” automaticamente in piena proprietà.
Un aspetto che spesso viene trascurato in fase di stipula, ma che un Trustee esperto deve chiarire subito, riguarda la ripartizione dei costi (artt. 1004 e 1005 c.c.):
Facciamo un esempio.
Un genitore settantenne proprietario di un immobile del valore di 500.000 euro può donare la nuda proprietà al figlio, mantenendo l’usufrutto. Secondo i coefficienti 2025, l’usufrutto vale il 40% (200.000 euro) mentre la nuda proprietà vale il 60% (300.000 euro). Il genitore continua a vivere nell’immobile o ad affittarlo, mentre il figlio diventa immediatamente proprietario, anche se non potrà disporre liberamente del bene fino all’estinzione dell’usufrutto.
Questa soluzione è particolarmente utile per coniugi, uniti civilmente o conviventi di fatto. L’usufrutto viene costituito a favore di più persone congiuntamente, con la clausola essenziale del diritto di accrescimento reciproco.
Il meccanismo del diritto di accrescimento è fondamentale. Quando uno dei co-usufruttuari muore, il suo diritto non si consolida automaticamente nella piena proprietà del nudo proprietario, ma accresce a favore dell’usufruttuario superstite. Questo significa che il coniuge superstite continua a godere dell’usufrutto sull’intero bene, non solo sulla propria quota.
Dal punto di vista fiscale, questo comporta che alla morte del primo coniuge, il Donatario della nuda proprietà deve imputare solo il valore della nuda proprietà, considerando che il bene rimane gravato dall’usufrutto del superstite.
La Cassazione con ordinanza n. 2802/2023, ha fornito chiarimenti importanti su questo istituto, sottolineando come l’accrescimento avvenga automaticamente senza necessità di atti aggiuntivi.
L’usufrutto successivo permette una pianificazione ancora più precisa e attenta negli anni. Questo istituto, ammessolo solo per un passaggio successivo, consente di programmare nel tempo la sequenza degli usufruttuari.
Per esempio, un genitore può donare la nuda proprietà di un bene al figlio, riservando l’usufrutto inizialmente per sé e, dopo la sua morte, a favore del coniuge.
La giurisprudenza ha chiarito che l’usufrutto successivo rappresenta un autonomo negozio liberale per il Beneficiario, i cui effetti sono condizionati alla premorienza del Disponente. L’imposta di donazione viene applicata solo al verificarsi dell’evento, calcolata sulla base imponibile determinata alla data in cui il negozio diventa efficace. Questo meccanismo di tassazione differita offre ulteriori vantaggi nella pianificazione fiscale.
La giurisprudenza qualifica questo istituto come una serie di donazioni distinte.
È ideale per proteggere un soggetto debole (ad esempio un figlio disabile o un coniuge economicamente dipendente) garantendogli un tetto e una rendita dopo di noi, pur avendo già destinato la proprietà finale ad altri eredi o a un ente benefico.
L’applicazione dell’usufrutto alle partecipazioni societarie rappresenta uno degli ambiti più strategici e complessi. Gli articoli 2352 del Codice Civile (per le società per azioni) e 2471-bis (per le società a responsabilità limitata) disciplinano specificamente questa materia, stabilendo principi fondamentali per la ripartizione dei diritti tra nudo proprietario e usufruttuario.
Il diritto di voto costituisce l’elemento centrale di questa disciplina. Salvo diversa pattuizione, il diritto di voto spetta all’usufruttuario, non al nudo proprietario. Questa regola consente all’imprenditore di mantenere il controllo operativo della società anche dopo aver trasferito la nuda proprietà delle partecipazioni agli eredi. L’usufruttuario esercita il voto liberamente, con il solo vincolo di non ledere gli interessi del socio nudo proprietario.
I diritti patrimoniali seguono una logica diversa ma altrettanto strategica. Il diritto agli utili spetta all’usufruttuario, trattandosi di frutti civili del bene. Tuttavia, secondo la prassi notarile, gli utili destinati a riserva non spettano all’usufruttuario, in quanto la decisione di non distribuirli equivale a una loro “capitalizzazione” che incrementa il valore della partecipazione.
Nel caso di aumenti di capitale, la disciplina si articola diversamente: se l’aumento è gratuito, l’usufrutto si estende alle azioni di nuova emissione; se l’aumento è oneroso, l’usufrutto non si estende automaticamente alle nuove azioni, salva diversa convenzione. Il diritto di opzione spetta al nudo proprietario, ma le somme eventualmente riscosse devono essere reinvestite sotto usufrutto.
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Immaginiamo un imprenditore di 65 anni che possiede il 100% di una S.r.l. valutata 2 milioni di euro. Decide di avviare il passaggio generazionale donando la nuda proprietà ai due figli, riservandosi l’usufrutto vitalizio.
Il legislatore premia chi pianifica. L’operazione sopra descritta può essere ulteriormente blindata utilizzando l’istituto del Patto di Famiglia (art. 768-bis c.c.), che garantisce l’esenzione totale da imposta di donazione e trascrizione per i trasferimenti di partecipazioni di controllo (Art. 3, comma 4-ter, TUS), a patto che gli aventi causa (i figli) detengano il controllo per almeno 5 anni.
È interessante notare che l’esenzione opera anche trasferendo la sola nuda proprietà, purché l’atto sia strutturato in modo da garantire che il “controllo di diritto” passi effettivamente ai discendenti, magari prevedendo specifiche clausole statutarie sui diritti di voto in situazioni straordinarie.
Se l’usufrutto è uno strumento potente, la sua combinazione con l’istituto del Trust rappresenta oggi la vetta più alta della pianificazione patrimoniale.
Immaginiamo di poter unire la solidità della tradizione giuridica italiana con la flessibilità e la protezione tipiche del diritto anglosassone. Questa sinergia permette di superare la rigidità degli schemi classici, creando strutture “su misura” capaci di adattarsi anche alle dinamiche familiari più delicate e complesse.
Ma come funziona, in pratica, questa integrazione? Il meccanismo è meno astruso di quanto si pensi. Il Disponente (chi possiede il patrimonio) istituisce un Trust e vi trasferisce la nuda proprietà dei suoi beni (che siano immobili di pregio, quote societarie o investimenti finanziari) riservandosi però il diritto di usufrutto vitalizio.
Questa mossa crea una separazione strategica perfetta:
Il legislatore ha previsto significative agevolazioni fiscali per incentivare il passaggio generazionale delle aziende. L’articolo 3, comma 4-ter, del D.Lgs. n. 346/1990 stabilisce l’esenzione da imposta di donazione e successione per i trasferimenti di partecipazioni qualificate a favore del coniuge e dei discendenti.
Le condizioni per beneficiare dell’esenzione sono specifiche ma raggiungibili. Gli eredi devono acquisire il controllo della società ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1 del Codice Civile (quindi almeno il 50% + 1 dei diritti di voto). Inoltre, devono impegnarsi a mantenere il controllo per almeno cinque anni, rendendo apposita dichiarazione nell’atto di trasferimento.
L’esenzione opera anche quando viene trasferita la sola nuda proprietà delle partecipazioni di controllo, purché al nudo proprietario siano attribuiti i diritti di voto necessari. Questo significa che è possibile strutturare l’operazione in modo che l’usufruttuario mantenga i diritti patrimoniali (come il diritto agli utili) mentre il nudo proprietario acquisisce i diritti di voto sufficienti per il controllo.
Oltre al Fisco, c’è il tema importante della sicurezza. I beni conferiti in Trust godono di un privilegio unico: la segregazione patrimoniale. Cosa significa? Quel patrimonio diventa un’entità a sé stante.
Non può essere aggredito dai creditori personali del Trustee (che ne è proprietario formale ma non sostanziale), né dai creditori dei beneficiari e, trascorsi i termini di legge per la revocatoria, nemmeno dai creditori futuri del disponente.
Il Trust, inoltre, risolve problemi che il semplice usufrutto non può affrontare. Pensiamo alla tutela di un figlio con disabilità (legge “Dopo di Noi”), alla gestione unitaria di un patrimonio che rischierebbe di frammentarsi tra troppi eredi litigiosi, o alla protezione dei beni di famiglia dalle possibili pretese dei futuri coniugi dei nostri figli.
Oltre ai vantaggi fiscali e successori, l’usufrutto offre formidabili opportunità di protezione patrimoniale (asset protection). In un mondo professionale e imprenditoriale sempre più esposto a rischi di responsabilità civile, separare la titolarità del bene dal suo godimento crea una barriera giuridica complessa da superare per eventuali aggressori esterni.
Quando un debitore dona la nuda proprietà di un bene riservandosi l’usufrutto, modifica radicalmente lo scenario per i suoi creditori. La situazione giuridica del bene si sdoppia, rendendo l’azione esecutiva molto meno efficace.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito più volte che la donazione con riserva di usufrutto non è automaticamente un atto fraudolento, purché non sia compiuta con l’unico scopo evidente di sottrarsi a debiti già esistenti.
L’usufrutto si rivela un alleato prezioso anche durante le tempeste familiari.
Nel diritto di famiglia, in caso di separazione o divorzio, la casa è spesso oggetto di contesa. Se però un genitore ha donato preventivamente la nuda proprietà dell’immobile al figlio, riservandosi l’usufrutto, l’asset “proprietà” è già uscito dal suo patrimonio. L’ex coniuge non potrà rivendicare diritti sulla casa in sé, poiché questa appartiene già giuridicamente al figlio. Al massimo potrà discutere sull’assegnazione del diritto di abitazione, ma la titolarità del bene è blindata.
Stesso discorso vale per le quote aziendali. Un imprenditore che ha trasferito la nuda proprietà delle partecipazioni ai figli mette al riparo la titolarità dell’azienda dai propri rischi professionali futuri. Se gli affari dovessero andare male, i creditori potranno aggredire i dividendi (frutti dell’usufrutto), ma non potranno forzare la vendita delle quote né scalzare la famiglia dalla proprietà della società, garantendo così che l’impresa possa sopravvivere alle difficoltà del singolo.
Guardando all’orizzonte, è chiaro che anche istituti secolari come l’usufrutto stanno entrando nell’era digitale. Le nuove frontiere della Blockchain e degli Smart Contract promettono di rivoluzionare la gestione dei diritti reali.
Immaginiamo un futuro prossimo dove l’estinzione dell’usufrutto e il consolidamento della piena proprietà avverranno in automatico, registrati su un registro distribuito, riducendo costi notarili e tempi burocratici. Anche i Trust si stanno evolvendo verso piattaforme digitali che garantiscono trasparenza e reportistica in tempo reale per beneficiari sparsi in tutto il mondo.
Inoltre, l’Europa spinge verso un’armonizzazione delle norme successorie (Regolamento UE 650/2012) che renderà sempre più agevole l’uso di questi strumenti anche per patrimoni transfrontalieri, offrendo nuove sponde di pianificazione a chi possiede beni all’estero.
Il futuro si costruisce nel presente.
Le modifiche normative del 2025 hanno eliminato i rischi di doppia tassazione e introdotto coefficienti che, per molte fasce d’età, rappresentano un’occasione storica. Ma questa è una finestra che si restringe ogni giorno: il tempo è il fattore critico.
L’età dell’usufruttuario avanza inesorabilmente e, con essa, cambia la matematica della convenienza fiscale. Ogni anno di attesa riduce il valore dell’usufrutto e aumenta il costo fiscale del trasferimento della nuda proprietà.
Procrastinare significa, letteralmente, decidere di pagare di più.
