Il tema della diseredazione, definita autorevolmente come la dichiarazione espressa «che alcuno, che potrebbe essere chiamato dalla legge, non debba essere erede», affatica da tempo dottrina e giurisprudenza.
La lettura congiunta dell'art. 457 co. 2 c.c. («Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria») e dell'art. 587 co. 1 c.c. («Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse») suggerisce la conclusione che la delazione legittima non ha luogo se impedita da una valida disposizione testamentaria, ma non consente di comprendere con sicurezza se anche una disposizione non attributiva di beni ma volta soltanto a «ritirare il titolo ad un presunto erede legittimo» sia sufficiente ad impedirla.
Vero è che "disporre negativamente" non è equivalente a "non disporre", ma non è neanche equivalente a "disporre" nel senso codicistico di "decidere sulla sorte dei propri beni".
Per queste ragioni, nonostante le persuasive motivazioni addotte da parte della dottrina a sostegno della tesi possibilista, significativa parte degli autori nega dignità alla clausola di diseredazione.
La posizione prevalente e ribadita più volte nel tempo (sino a qualche anno fa) della Suprema Corte di Cassazione si sostanzia nella possibilità che la clausola di diseredazione sia possibile solo se accompagnata da contestuali disposizioni attributive o allorquando da essa possano ricavarsi implicitamente i beneficiari dell'eredità.
Solo di recente il Supremo Collegio ha mutato orientamento con la pronuncia 8352/2012, affermando la validità di una clausola diseredativa come manifestazione lecita di escludere alcuni successibili dalla successione e restringerla così ai non diseredati, senza che sia necessario procedere contestualmente ad una positiva attribuzione di beni né raggiungere la prova di una implicita designazione.
Deve notarsi, tuttavia, che la recente sentenza critica e sovverte la posizione giurisprudenziale assunta con pronuncia 1458/1967, ma in nulla innova in merito all'affermata inammissibilità della diseredazione di legittimario.
Al termine della nostra analisi, dunque, v'è da ribadire che per la Cassazione la possibilità di escludere dalla successione un erede legittimo rimane negata, anche se nuovi orientamenti iniziano a farsi strada.
Esistono, in realtà, anche altre possibilità che permettono di raggiungere ugualmente l'obiettivo, ma per questo è necessario rivolgersi ad un esperto consulente patrimoniale che sia in grado di disegnare una rotta precisa da percorrere per diseredare un erede non meritevole.
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