La divisione fatta dal testatore può essere sottoposta a condizione sospensiva?
La dottrina prevalente e quasi del tutto concorde ritiene di sì, naturalmente quando si manifestano le condizioni previste dalla legge. La divisione fatta dal testatore (ovvero colui che fa testamento) è disciplinata dagli artt. 733 e seguenti c.c. ed è anche denominata "assegno divisionale qualificato": si tratta di un regolamento divisorio completo ed autosufficiente predisposto dal testatore e capace, come tale, di reale e immediata efficacia sin dal momento dell'apertura della successione. In altre parole, ci troviamo dinanzi ad un complesso organico di disposizioni testamentarie di tipo universale, mediante il quale tutti i beni ereditari o parte di questi vengono ripartiti dal testatore in tante porzioni di valore combaciante con le quote ereditarie. Secondo una parte della dottrina, la condizione che sottintende il programma deve riguardare la divisione nel suo complesso, in ossequio ad un effetto divisorio unitario. Secondo un'altra parte, invece, può riguardare anche le singole assegnazioni (tesi preferibile), potendo il testatore fare tutto ciò che i coeredi condividenti potrebbero fare di comune accordo. Aderendo a tale ultima dottrina, al fine di dare attuazione alla volontà del testatore, accadrà che:- sotto il profilo istitutivo, le quote a favore dei figli attualmente esistenti, essendo previste mediante la relatio alle norme di successione necessaria, si "auto-adatteranno" in presenza di figli sopravvenuti. Questi ultimi, benché pretermessi, testamentariamente risulteranno istituiti eredi per la successione legittima, che si aprirà relativamente alla quota residua non disposta a seguito del riferito auto-adattamento delle quote testamentarie;
- sotto il profilo distributivo, i beni immobili non più assegnati saranno a disposizione dei legittimari sopravvenuti i quali, salva l'eventualità dell'insufficienza quantitativa (in questa sede comunque non valutabile), non avranno la legittimazione ad invocare la nullità della divisione ex art. 735 c.c., mancando il presupposto della preterizione cd. "sostanziale". Secondo il parere della giurisprudenza e della dottrina più autorevole, infatti, attesa l'ammissibilità di una divisione del testatore soggettivamente e oggettivamente parziale — ossia di una ripartizione che apporzioni solo una parte degli eredi, impiegando al contempo solo una parte dei beni ereditari — la sanzione della nullità ex art. 735 c.c. interverrebbe nel caso in cui alla preterizione cd. "formale" per il mancato apporzionamento di taluni degli eredi si accompagni la preterizione cd. sostanziale, data dall'insufficienza di un patrimonio residuo con cui realizzare il diritto degli esclusi. Si è sostenuto, al riguardo, che in ipotesi come quella in parola i coeredi preteriti «in un certo senso possono ritenersi apporzionati anch'essi, sia pure collettivamente», aggiungendosi che, nel caso in cui l’esclusione "formale" riguardi un solo erede, questi sarebbe apporzionato di fatto coi beni residui, non potendosi forse neppure evocare il concetto di preterizione. Aderendo a tale ricostruzione, il programma distributivo relativo ad aziende e beni mobili risulterà pertanto salvo anche in caso di sopravvenienza di legittimari.
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