La diseredazione di un erede può verificarsi soltanto per volontà del testatore, ed è subordinata a determinate condizioni. Può avvenire, ad esempio, laddove un erede legittimario o un erede legittimo abbia manifestato comportamenti gravemente lesivi nei confronti del testatore o dei suoi prossimi, incidendo sulla libertà testamentaria oppure redigendo un testamento falso. In simili casi ricorre l’ipotesi di indegnità dell’erede.
La diseredazione volontaria non è prevista dal codice civile, ma può essere applicata esclusivamente ai casi di indegnità a succedere secondo l’articolo 463 del codice civile.
L’indegnità è la condizione nella quale l’erede viene a cadere per aver compiuto atti costituenti reato oppure moralmente o socialmente lesivi del testatore o della sua libertà testamentaria.
Alcuni casi che costituiscono fondamento per la richiesta di indegnità di un erede possono sussistere se quest’ultimo abbia:
Il figlio soggetto ad una procedura di indegnità può comunque accettare l’eredità ed agire in qualità di erede; tuttavia può essere escluso dopo che sia stata accertata, nei suoi confronti, una delle cause di indegnità entro 10 anni dalla scomparsa del testatore. In caso contrario decade l’accertamento.
Il legislatore, con l’introduzione della nuova disciplina, attraverso l’articolo 5 della Legge 4/2018 ha inserito nel codice civile l’art.463 bis, una novità nel nostro ordinamento per quanto concerne la sospensione dalla successione. Tale norma dispone la sospensione dalla successione nei confronti del:
In simili casi, a tutela dei beni ereditari, la persona sospesa non potrà accettare l’eredità, né esercitare le azioni possessorie o gli atti conservativi e gestori.
La sospensione opera fino alla sentenza, che sia di colpevolezza o proscioglimento, o fino al decreto di archiviazione. Nel frattempo verrà nominato un curatore dell’eredità ai sensi dell’art. 528 del codice civile.
L’articolo 466 del codice civile prevede la riabilitazione dell’erede attraverso un atto compiuto dalla persona offesa che, pur essendo a conoscenza della causa di indegnità, riammette l’indegno alla propria successione. Trattasi di un atto personale, irrevocabile e formale, in quanto la volontà di riabilitare deve essere espressa mediante atto pubblico (ai sensi dell’art. 2699 del c.c.) o testamento (ai sensi dell’art. 587 comma 2 del c.c.).