Nell’articolo pubblicato il 28 novembre è stato affrontato il tema del Blind Trust, come strumento giuridico per separare il patrimonio personale dalle responsabilità pubbliche o professionali.
Il caso del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha riportato al centro del dibattito la necessità di una corretta istituzione di questo istituto.
Il Blind Trust nasce con l’obiettivo di garantire trasparenza e prevenire conflitti di interesse, elementi imprescindibili per chi opera in contesti ad alto rischio, come la politica e l’imprenditoria.
Ma cosa accade quando questo strumento viene male interpretato o, peggio, manipolato?
La vicenda Brugnaro evidenzia alcune criticità che rischiano di trasformare un istituto pensato per garantire integrità in una mera facciata giuridica. Le accuse di inefficacia mosse dalla Procura di Venezia spingono a riflettere sull’indipendenza del Trustee, sull’etica professionale e sui limiti culturali che ancora oggi ostacolano un uso corretto del Blind Trust in Italia.
Il Blind Trust è un particolare tipo di Trust, in cui il Disponente trasferisce la gestione dei propri beni a un trustee indipendente, rinunciando a qualsiasi controllo o informazione in merito alla gestione o agli investimenti effettuati.
Mario Draghi ha scelto di seguire la strada del Blind Trust, utilizzando questo strumento giuridico in modo corretto e legale, mentre il sindaco di Venezia sembra non aver adottato lo stesso approccio.
In Italia, sebbene il Trust non sia un istituto originario del nostro ordinamento giuridico, è stato riconosciuto attraverso la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, resa esecutiva con la Legge n.364 del 16 ottobre 1989.
Luigi Brugnaro ha affidato, nel 2017, la gestione del patrimonio a un Blind Trust, con l’obiettivo di evitare conflitti di interesse tra la sua attività politica e quella imprenditoriale.
Tuttavia, recenti indagini della Procura di Venezia, hanno sollevato dubbi sulla reale indipendenza del Blind Trust.
Le indagini si concentrano, in particolar modo, sulla vendita dell’area dei “Pili”, zona strategica alle porte di Venezia di proprietà di Brugnaro.
Secondo le accuse, il trustee incaricato della gestione del patrimonio avrebbe venduto la proprietà a un magnate di Singapore, Ching Chiat Kwong, durante il mandato di Brugnaro come sindaco.
Questa situazione ha sollevato molti interrogativi sulla reale indipendenza del Trustee e sulla possibilità che Brugnaro fosse a conoscenza o, peggio, coinvolto nelle decisioni riguardanti i suoi beni, venendo meno ai principi fondamentali del Blind Trust.
La normativa italiana riconosce e disciplina l’istituto del Trust, come già spiegato. In ambito fiscale, l’Agenzia delle Entrate, ha fornito chiarimento sulla disciplina del Trust con la Circolare n. 34 del 20 ottobre 2022, specificando le modalità di tassazione dei redditi prodotti dai Trust e le implicazioni per i beneficiari.
Affinché il Blind Trust possa funzionare nel migliore dei modi, l’indipendenza del Trustee è un requisito fondamentale e irrinunciabile. Il Trustee, infatti, deve agire come un gestore totalmente autonomo, immune da qualsiasi influenza da parte del Disponente. Questo è l’unico modo per garantire che il patrimonio venga amministrato in modo imparziale, rispettando i principi di trasparenza e prevenendo conflitti di interesse.
L’indipendenza del Trustee non è un concetto astratto, ma si traduce in una serie di comportamenti e pratiche concrete, che vediamo di seguito.
Il Trustee non deve avere alcun rapporto con il titolare del patrimonio, al fine di assicurare che le decisioni prese siano libera da condizionamenti.
Per l’intera durata del Blind Trust, il Trustee deve poter prendere decisioni in autonomia.
Non devono esserci scambi di informazioni tra il Disponente e il trustee. Nessuna telefonata, e-mail o incontro può avvenire durante il periodo di gestione del Trust.
È fondamentale che il Trustee sia realmente indipendente e che il Disponente non eserciti alcuna influenza sulla gestione dei beni conferiti nel Trust. La mancanza di tale indipendenza può portare a violazioni delle normative fiscali e a potenziali sanzioni legali.
Un Trustee professionista ha il dovere di mantenere il patrimonio presente nel fondo Trust completamente distante dal Disponente e dalle attività pubbliche che svolge, per evitare conflitti di interesse. E ciò vale sia per il Trustee, che per i collaboratori del Disponente e del Trustee stesso.
Molti degli errori che compromettono l’efficacia del Blind Trust riguardano la fase di selezione del Trustee.
Spesso, per comodità o fiducia, si scelgono amici, collaboratori o conoscenti come Trustee. Questa scelta è una bomba che distrugge le basi dell’istituto giuridico.
La figura del Trustee richiede competenze tecniche e una solida esperienza nella gestione patrimoniale. Nomine non qualificate possono portare a errori gestionali oppure a una percezione di opacità.
È assolutamente necessario che il processo di nomina del Trustee sia documentato e verificabile, per dimostrare che è stato selezionato un soggetto realmente idoneo e indipendente.
Il Blind Trust è un istituto giuridico potente ma, la sua efficacia dipende dalle persone che lo applicano.
Pertanto, l’indipendenza del Trustee non è solo una questione normativa,
ma un impegno etico che determina il successo o il fallimento dell’intero istituto.
Sguardo internazionale…
Il Blind Trust, a livello internazionale, è una pratica consolidata, soprattutto nei Paesi anglosassoni, dove figure di spicco lo utilizzano per separare il patrimonio personale e le responsabilità professionali o istituzionali.
La normativa in questi Paesi prevede procedure standardizzate per la selezione e la gestione del Trustee, minimizzando il rischio di interferenze.
Inoltre, l’applicazione del Blind Trust è supportata da una cultura giuridica e sociale che valorizza la separazione tra interessi personali e pubblici.
In Italia…
Il nostro Paese ha le basi giuridiche per un uso efficace del Blind Trust, ma deve lavorare per colmare il divario culturale e normativo rispetto ai Paesi dove questo strumento è una prassi consolidata.
Anche con normative ben definite, l’efficacia del Blind Trust non può essere garantita senza una solida base etica.
Il Trustee non è solo un gestore patrimoniale, ma un garante dell’indipendenza e della trasparenza. Questo ruolo richiede non solo competenze tecniche, ma anche una forte integrità morale.
Affinché un Blind Trust sia efficace, anche il Disponente deve accettare pienamente il principio della separazione.
Ciò implica una rinuncia al controllo e alla possibilità di influenzare le decisioni relative al proprio patrimonio.
Nello specifico:
Un Blind Trust ben applicato è una tutela giuridica, un atto di responsabilità verso la comunità e le istituzioni.
Continuare a lavorare su una cultura dell’etica e della trasparenza è l’unico modo per garantire che lo strumento giuridico possa esprimere tutto il suo potenziale, sia in Italia che a livello internazionale.
Il caso Brugnaro evidenzia l’importanza di una corretta applicazione del Blind Trust, soprattutto per le figure pubbliche.
È molto importante che le istituzioni vigilino sull’effettiva applicazione di questi strumenti, assicurando che non vengano utilizzati in modo distorto per mascherare conflitti di interesse o per perseguire fini personali, a discapito dell’interesse pubblico.
Ancora oggi, consiglio a tutti i professionisti e i politici, che lavorano nella Pubblica Amministrazione, di costituire un Blind Trust e di affidarsi a esperti del settore.
Il sindaco di Venezia, Brugnaro, è stato seguito dallo studio internazionale – di elevato spessore professionale – Withers Worldwide, il professionista coinvolto è l’avvocato Roberta Crivellaro, che ho conosciuto personalmente ed è un’eccellente professionista, seria, competente e attenta.
Purtroppo, però, l’attenzione non è mai sufficiente e quindi il professionista deve essere cauto prima di accettare un mandato, poiché il problema non riguarda gli strumenti giuridici, ma il modo in cui vengono utilizzati.
Ho potuto apprezzare il rifiuto di due mandati professionali da parte dell’avvocato Nunzio Dario Latrofa, il quale mi ha spiegato i motivi che lo hanno spinto a prendere questa decisione.
Gli imprenditori, seppur mostrando un tenore di vita alto, non avevano trasmesso una reale serietà e un atteggiamento rivolto alla trasparenza.
In Italia è necessario intervenire su più livelli per rafforzare l’efficacia di questo istituto giuridico.
Vediamoli insieme.
Per l’Italia, il Blind Trust può diventare un pilastro della trasparenza,
ma solo se accompagnato da un cambiamento culturale che ne rafforzi la credibilità.
Adottare questo strumento non significa solo rispettare le normative, ma inviare un segnale forte di integrità verso i cittadini e le istituzioni.
Il Blind Trust non deve essere percepito come un’imposizione, ma come un’opportunità per dimostrare che interessi personali e responsabilità pubbliche possono essere gestiti in modo separato e trasparente.
In un contesto come quello italiano, dove la fiducia nelle figure pubbliche è spesso messa in discussione, rafforzare il Blind Trust non è solo una necessità giuridica, ma un passo fondamentale verso un sistema più equo, trasparente e credibile.