La morte di un socio è un evento doloroso e difficile da affrontare, non solo dal punto di vista emotivo ma anche gestionale e legale. Per una società in accomandita semplice (S.a.s.), l’evento in oggetto può portare a decisioni complesse che rischiano, addirittura, di compromettere il futuro dell’azienda.
Sapere come gestire questa situazione spiacevole e dolorosa in anticipo è fondamentale per proteggere il lavoro di una vita e garantire la stabilità della società.
In questo articolo vedremo quali strumenti legali possono venire in soccorso.
Per essere più chiaro, pensiamo al caso di una S.a.s. con un capitale sociale di 10.000 euro, diviso in 2 quote (socio accomandante e socio accomandatario) da 5.000 euro ciascuna.
Cosa accade in caso di decesso? Le conseguenze dipendono dal ruolo del socio che viene a mancare.
Quando a mancare è il socio accomandante, la legge offre una soluzione piuttosto semplice e lineare.
Questa eventualità è regolata dall’articolo 2322 del Codice Civile. La norma in questione stabilisce che la quota del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte, senza necessità di consenso da parte degli altri soci.
In sostanza, a seguito della norma, gli eredi possono:
Questo tipo di transizione non compromette la stabilità della società, poiché il ruolo del socio accomandante è limitato al capitale investito, senza responsabilità nella gestione.
Se, invece, il defunto è il socio accomandatario, la situazione cambia.
A differenza del socio accomandante, non esiste una disposizione specifica nel Codice Civile che regola direttamente la morte del socio accomandatario.
Il socio accomandatario è il cuore della società: gestisce le operazioni e si assume la responsabilità illimitata dei debiti aziendali. L’importante ruolo giustifica, quindi, l’impossibilità legale per gli eredi di subentrare automaticamente.
Per comprendere cosa accade in caso di decesso del socio accomandatario, è necessario fa riferimento all’articolo 2315 del Codice Civile che stabilisce che “alla società in accomandita semplice si applicano le disposizioni relative alla società in nome collettivo (S.n.c.)”.
Questa norma consente di applicare l’articolo 2284 del Codice Civile, il quale stabilisce che, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi del defunto, a meno che preferiscano sciogliere la società o continuare con gli eredi stessi, se questi acconsentono.
Quindi, l’articolo 2284 del Codice Civile, applicabile tramite il rinvio all’articolo 2315, prevede 3 possibili scenari in caso di morte di un socio:
Gli altri soci possono decidere di calcolare il valore della quota e liquidarla agli eredi, mettendo fine al loro coinvolgimento nella società.
Se i soci non intendono proseguire l’attività, possono optare per lo scioglimento della società.
Gli eredi possono entrare in società, ma solo se tutti i soci sono d’accordo e se gli eredi stessi accettano di assumersi le responsabilità legali del socio accomandatario.
La legge, inoltre, stabilisce che la società ha 6 mesi di tempo per nominare un nuovo socio accomandatario. Se non si trova una soluzione entro il limite temporale stabilito, la società è destinata allo scioglimento.
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Anche se la legge non prevede una continuazione automatica della società con gli eredi, è possibile inserire nel contratto sociale una “clausola di continuazione”, che permetta agli eredi di subentrare nella posizione del socio accomandatario defunto.
Per evitare che un evento improvviso metta a rischio il futuro della società, è fondamentale pianificare per tempo.
La soluzione migliore consiste nell’integrare nel contratto sociale delle clausole di continuazione, che stabiliscono regole chiare su cosa accade in caso di decesso di un socio.
Le clausole di continuazione sono strumenti legali che consentono agli eredi di un socio accomandatario di entrare nella società, sostituendosi al defunto.
Esistono diverse tipologie di clausole. Scopriamole insieme.
Queste clausole danno agli eredi la possibilità di scegliere se subentrare nella società, indipendentemente dall’accettazione dell’eredità. Infatti, l’accettazione dell’eredità non comporta automaticamente la qualifica di socio, ma deve esserci una espressa e manifesta volontà.
Queste clausole prevedono che gli eredi siano obbligati a continuare l’attività societaria. Tuttavia, sono controverse. La giurisprudenza le considera generalmente valide, mentre una parte della dottrina le ritiene nulle, in quanto violerebbero il divieto dei patti successori.
In questo caso, l’accettazione dell’eredità comporta automaticamente l’acquisizione della qualità di socio, senza bisogno di ulteriori manifestazioni. La giurisprudenza considera queste clausole valide, poiché l’erede può rinunciare all’eredità se non desidera subentrare nella società.
Queste clausole, originariamente concepite per tutelare i soci accomandanti nelle società di persone, entrano in gioco quando un creditore personale del socio accomandatario, al termine del periodo sociale originario, richiede la liquidazione della quota di socio debitore, anziché prolungare la durata della società. In tal caso, il socio accomandante mantiene il diritto di cercare un nuovo socio accomandatario, cedendogli una parte della propria quota per assicurare la continuità della società.
In base alle esigenze dei soci, il professionista esperto in protezione e pianificazione patrimoniale redige uno statuto societario flessibile e su misura, in grado di adattarsi in modo efficace, legale e sicuro a ogni eventualità che possa emergere nel corso della vita societaria.
Oltre alle clausole, è essenziale agire con rapidità in caso di decesso del socio accomandatario.
Affidarsi a un consulente esperto in protezione patrimoniale per redigere un contratto sociale è molto importante. Solo così, infatti, si può avere la certezza di proteggere la società da eventi imprevisti, improvvisi e dolorosi.
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Quando un socio accomandatario viene a mancare, ci sono dei limiti di tempo entro i quali è necessario agire:
Se il socio vuole continuare la società, deve seguire questi passaggi:
In questo modo, si protegge il patrimonio del defunto (de cuius) e si esclude il valore delle attività future dal calcolo della quota, impedendo che gli eredi possano reclamare più del valore originario della quota del defunto.
In conclusione…
La morte di un socio non deve significare la fine della società.
Con la giusta pianificazione e il supporto di professionisti esperti, è possibile garantire la continuità aziendale, tutelare gli interessi di tutti i soci e degli eredi, e affrontare serenamente anche le sfide più complesse.
Non aspettare che un evento imprevisto metta a rischio anni di lavoro.
Pianifica ora il futuro della tua azienda e proteggi tutto ciò che hai costruito.