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Distribuzione degli utili non dichiarati: responsabilità dei soci e rischi fiscali

8 minuti di lettura
Distribuzione degli utili non dichiarati: responsabilità dei soci e rischi fiscali

La distribuzione degli utili non dichiarati rappresenta una delle tematiche fiscali più complesse per le società di capitali, specialmente quando la base sociale è ristretta. In questi contesti, non basta che un socio si dichiari estraneo alla gestione per escludere la sua responsabilità: è necessario dimostrare, con prove concrete, che eventuali ricavi “in nero” non esistono o, in alternativa, che non siano stati distribuiti tra i soci.

Questo principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21158 del 29 luglio 2024, che ha riaffermato un consolidato orientamento giuridico: nelle società con pochi soci, gli utili non contabilizzati si presumono distribuiti proporzionalmente alle quote di partecipazione.

In questo articolo analizzeremo questa importante decisione, evidenziando i principi stabiliti dalla Cassazione e offrendo spunti pratici per proteggere i soci da potenziali accertamenti fiscali.

Se ti interessa approfondire il tema della responsabilità dei soci in caso di liquidazione o cancellazione di una SRL, ti invito a leggere qui.  

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un socio di una S.r.l., titolare del 50% delle quote societarie. L’accertamento fiscale, riferito all’anno 2004, si basava sulla presunzione che gli utili non dichiarati della società, i cosiddetti ricavi “in nero”, fossero stati distribuiti tra i soci in proporzione alle rispettive quote.

Questa presunzione è particolarmente rilevante nelle società con pochi partecipanti, dove si ritiene che i soci siano pienamente consapevoli della gestione aziendale e della presenza di eventuali ricavi non contabilizzati.

 

La sentenza favorevole al contribuente

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Pesaro aveva accolto le ragioni del socio, stabilendo che la presunzione fiscale fosse stata superata. La decisione era stata confermata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche, che aveva ritenuto valide le prove presentate dal contribuente per dimostrare la mancata distribuzione degli utili.

Insoddisfatta della decisione della CTR, l’Agenzia delle Entrate aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di appello avevano erroneamente valutato le prove e sottovalutato il principio di presunzione.

 

La decisione della Corte di Cassazione

Con la sentenza n. 21158 del 29 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, ribaltando la decisione della CTR delle Marche e rinviando la questione a una diversa sezione della stessa Commissione per un nuovo esame.

 

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Il cuore della questione: la presunzione fiscale

La Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di accertamenti fiscali: nelle società con una base sociale ristretta, si presume che gli utili non dichiarati vengano distribuiti tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione. Questo principio, sancito dall’articolo 39 del DPR n. 600/1973, rappresenta una presunzione relativa, che il socio può confutare solo con prove concrete.

In sostanza, il socio deve dimostrare che gli utili non dichiarati non esistono. In alternativa, che, pur esistendo, non sono stati distribuiti.

Secondo la Cassazione, la Commissione Tributaria Regionale delle Marche non ha applicato correttamente questi principi.

La sua decisione era basata su tre argomentazioni principali:

  1. Conflitti tra i soci

La CTR aveva ritenuto che i contrasti interni alla società fossero sufficienti a dimostrare l’assenza di distribuzione degli utili.

  1. Mancata approvazione dei bilanci

Secondo la CTR, l’irregolarità amministrativa relativa ai bilanci escludeva implicitamente la distribuzione degli utili.

  1. Esclusione del socio dalla gestione

Il contribuente aveva documentato la sua estraneità alla gestione societaria a partire dal 2005.

La Cassazione ha giudicato questi elementi insufficienti e irrilevanti rispetto all’anno fiscale oggetto di accertamento, ossia il 2004.

  • I conflitti tra i soci non escludono automaticamente che gli utili siano stati distribuiti, poiché la presunzione si basa su una logica oggettiva, non soggettiva.
  • La mancata approvazione dei bilanci non dimostra di per sé che non ci siano stati utili né che questi non siano stati distribuiti.
  • L’esclusione del socio dalla gestione, avvenuta nel 2005, non è pertinente rispetto all’anno fiscale 2004, su cui si basa l’accertamento.

 

La Cassazione ha ribadito che la presunzione fiscale opera secondo una logica oggettiva.

In una società con pochi soci, si ritiene che ciascun partecipante abbia una conoscenza diretta e approfondita della gestione aziendale.

Questa conoscenza, salvo prova contraria, porta a presumere che gli utili non dichiarati siano stati distribuiti.


Annullando la decisione della CTR, la Corte ha disposto un nuovo esame della questione. I giudici della nuova sezione dovranno valutare le prove presentate dalle parti alla luce del principio di presunzione fiscale, richiedendo al socio prove specifiche e pertinenti per confutare la presunzione di distribuzione.

 

Come è possibile proteggersi?

La sentenza n. 21158/2024 della Corte di Cassazione evidenzia l’importanza di una gestione aziendale consapevole e strategica per evitare le insidie legate alla presunzione fiscale. I soci di società con pochi partecipanti devono adottare accorgimenti specifici per ridurre il rischio di accertamenti e responsabilità fiscali indirette.

Vi sono delle strategie pratiche per proteggersi da queste situazioni che possono diventare davvero spiacevoli.

La prima linea di difesa contro gli accertamenti fiscali è l’approvazione tempestiva e regolare dei bilanci. Infatti, questi devono essere chiari, completi e trasparenti per rappresentare la prova principale per dimostrare l’assenza di utili non dichiarati o di distribuzioni occulte.

Inoltre, è essenziale documentare ogni operazione finanziaria, inclusa la distribuzione di utili. La redazione di verbali assembleari, accompagnati da documenti che attestano l’effettiva percezione degli utili, crea una prova tangibile contro eventuali presunzioni di ricavi non contabilizzati.

I conflitti tra soci possono generare incertezze che favoriscono accertamenti fiscali. Per questa ragione è assolutamente necessario stabilire patti chiari e regole interne condivise, magari attraverso un patto parasociale, che può aiutare a prevenire situazioni ambigue.

Per proteggere il proprio patrimonio personale, i soci possono ricorrere a strumenti legali come il Trust.

 

Per prevenire eventualità criticità e per una gestione fiscalmente sicura, la consulenza preventiva è sempre il miglior investimento.

 

Un aspetto correlato: la responsabilità post-liquidazione

La distribuzione degli utili non dichiarati non è l’unico rischio per i soci.

Un altro aspetto importante riguarda la responsabilità post-liquidazione, ovvero ciò che accade quando una società viene cancellata dal Registro delle Imprese.

Secondo l’articolo 2495 del Codice Civile, una volta che la società è estinta, cessa di esistere come soggetto giuridico autonomo. Questa estinzione, però, non elimina automaticamente i debiti contratti durante la sua attività. I creditori, incluso il Fisco, possono ancora agire nei confronti dei soci, ma con limiti ben definiti.

In particolare, i soci di una società estinta possono essere chiamati a rispondere dei debiti residui, ma solo entro i limiti delle somme percepite in sede di liquidazione. Questo significa che i soci non sono responsabili in modo illimitato, ma esclusivamente per l’importo del patrimonio sociale distribuito loro al termine della procedura di liquidazione.

 

La responsabilità post-liquidazione può essere paragonata a una successione ereditaria.

 

Come gli eredi di una persona fisica subentrano nei debiti del defunto entro i limiti dell’eredità ricevuta, così i soci “ereditano” i debiti della società estinta nei limiti delle somme ricevute in liquidazione. Questo principio, stabilito anche dalla Giurisprudenza (ad esempio, l’ordinanza n. 23341/24 della Corte di Cassazione), tutela i soci da obblighi illimitati e garantisce un equilibrio tra i diritti dei creditori e la protezione patrimoniale dei soci.

Un aspetto importante da sottolineare è che, pur subentrando nei debiti fiscali della società, i soci non ereditano le sanzioni tributarie.

Le sanzioni fiscali hanno una natura strettamente personale e rimangono legate alla società estinta, senza possibilità di trasmissione ai soci. Questo rappresenta una tutela significativa, poiché impedisce che multe o ammende possano gravare sul patrimonio personale dei soci.
La liquidazione di una società deve essere gestita con estrema attenzione, soprattutto per evitare che emergano responsabilità post-liquidazione non previste. Un’analisi preventiva dei debiti aziendali e una gestione corretta della procedura possono ridurre i rischi per i soci.

 

In un contesto fiscale complesso e in continua evoluzione, la consapevolezza e la pianificazione sono le migliori armi per tutelare i propri interessi e affrontare ogni sfida con serenità.

 

La distribuzione degli utili non dichiarati e la responsabilità post-liquidazione sono due argomenti che evidenziano l’importanza per i soci di società di capitali di adottare un approccio consapevole e strategico nella gestione aziendale.

La sentenza n. 21158/2024 della Corte di Cassazione sottolinea che, di fronte alle presunzioni fiscali, non basta dichiararsi estranei alla gestione o contare su conflitti interni alla società.

Al contrario, è fondamentale essere proattivi, documentando accuratamente ogni aspetto della gestione societaria e adottando strumenti di protezione patrimoniale che possano mitigare eventuali rischi.

D’altra parte, il tema della responsabilità post-liquidazione dimostra che il coinvolgimento dei soci non si esaurisce con la cancellazione della società. Anche in questo caso, una pianificazione corretta e una conoscenza approfondita delle normative possono fare la differenza tra una posizione protetta e l’esposizione a rischi inaspettati.

 

Per i soci e gli amministratori di società, questi argomenti sono più che mere questioni fiscali: rappresentano la necessità di tutelare non solo il proprio patrimonio, ma anche la propria serenità personale e familiare.

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