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Eredità digitale: cosa succede agli account online e in che modo è possibile tutelare i propri diritti?

19 minuti di lettura
Eredità digitale: cosa succede agli account online e in che modo è possibile tutelare i propri diritti?

Cosa accadrà agli account, ai dati salvati nel Cloud o ai contenuti pubblicati online quando non il soggetto non sarà più in vita? E che ne sarà dei diritti e dei compensi legati al lavoro digitale?
In questo articolo affrontiamo un tema sempre più attuale: l’eredità digitale.

Lo facciamo con uno sguardo doppio, che riguarda sia gli utenti comuni sia i content creator, sempre più presenti e attivi sulle piattaforme online.

Vedremo come tutelare l’identità digitale, i diritti economici e i ricordi personali, sottolineando e mostrando anche l’importanza e la necessità di pianificare in anticipo la gestione del patrimonio immateriale. Approfondiremo anche le implicazioni legali e fiscali e l’evoluzione delle normative di fronte a una realtà digitale in continua trasformazione.

 

Conoscere i propri diritti è il primo passo per proteggere sé stessi e i propri cari, anche nel mondo virtuale.

 

Cos’è l’eredità digitale?

L’eredità oggigiorno non riguarda più solo beni fisici come documenti cartacei, fotografie o supporti informatici. Nella definizione di “eredità” rientrano anche account online, contenuti salvati nel Cloud, profili social, conversazioni private, wallet digitali e piattaforme di investimento in criptovalute e NFT.

Questa nuova dimensione del patrimonio personale si è ampliata con la diffusione delle tecnologie e l’uso quotidiano di strumenti digitali sempre più integrati nella nostra vita.

 

Pensare per tempo a cosa accadrà ai propri dati è fondamentale.

Non tutte le piattaforme prevedono procedure chiare in caso di decesso e gli eredi potrebbero trovarsi in difficoltà, sia dal punto di vista pratico che legale.

 

Per questo diventa importante decidere in anticipo chi potrà gestire questi beni immateriali. Un primo passo concreto può essere la redazione di un testamento digitale, che consenta di definire in modo chiaro come dovrà essere trattata la propria identità online.

 

Password manager e riconoscimento facciale: protezione o rischio?

Molti utenti si affidano ai password manager per raccogliere in un unico luogo sicuro le proprie credenziali. Questi strumenti semplificano la gestione degli accessi e permettono di proteggere dati sensibili con una sola combinazione principale.

Tuttavia, è importante conoscere i rischi.

Se il sistema viene compromesso, tutte le informazioni custodite possono finire nelle mani sbagliate. Per questo è sempre consigliabile attivare l’autenticazione a due fattori e aggiornare regolarmente le password più delicate.

Un aspetto spesso trascurato riguarda l’accesso tramite riconoscimento facciale.

Se gli account sono protetti solo da questa funzione, gli eredi, pur conoscendo le password, potrebbero non riuscire ad accedere. Dopo la tua morte, il sistema non riconoscerà più il volto e l’accesso sarà bloccato. Per evitare questo problema, conviene disabilitare il riconoscimento facciale dai servizi più rilevanti e lasciare istruzioni chiare su come accedere ai dati, privilegiando metodi tradizionali e verificabili.

 

Quali sono gli ostacoli legali e tecnici per gli eredi digitali?

Gestire l’eredità digitale può rivelarsi un percorso complesso.

Le leggi, ancora in fase di aggiornamento, non sempre offrono indicazioni chiare su come gli eredi possano accedere ai dati del defunto. A complicare le cose, ci sono le politiche differenti adottate dalle piattaforme digitali. Alcune prevedono procedure per la chiusura o la trasformazione degli account, altre lasciano spazio a interpretazioni ambigue o a lunghi iter burocratici.

Inoltre, le normative sulla privacy possono impedire l’accesso ai dati personali anche ai familiari più stretti. Il risultato è che molti ricordi, documenti o contenuti importanti rischiano di andare persi o restare bloccati per sempre.

Pianificare per tempo, lasciando indicazioni precise e scegliendo strumenti adeguati, è l’unico modo per assicurare che le proprie volontà vengano rispettate anche nel mondo digitale.

 

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Per approfondire l’argomento al centro di questo articolo ascolta la puntata dedicata.

 

Cosa succede ai nostri account dopo la morte?

Per chi utilizza quotidianamente social network, e-mail e servizi Cloud, l’eredità digitale si traduce nella possibilità, per i familiari, di accedere a foto, video, messaggi e documenti dopo la morte.

Ma nella maggior parte dei casi, queste informazioni sono protette da credenziali note solo al titolare dell’account. Se non vengono lasciate indicazioni chiare, il rischio è quello di perdere per sempre ricordi personali e dati importanti. Molte piattaforme offrono strumenti per designare una persona di fiducia che gestisca l’account in caso di decesso, ma pochi utenti ne sono a conoscenza o si premurano di attivarli. Pianificare l’accesso ai propri dati digitali è un gesto di attenzione verso i propri cari.

Anche una semplice conversazione con un familiare può aiutare a evitare ostacoli futuri e a far sì che la propria memoria venga custodita con rispetto.

 

Le regole delle piattaforme: gestione degli account dopo il decesso dell’utente

Ogni piattaforma digitale ha una propria politica in caso di morte dell’utente.

Alcune consentono di nominare un contatto erede, altre permettono di trasformare l’account in un profilo commemorativo. In diversi casi è prevista la possibilità di chiusura definitiva, ma solo dopo la presentazione di documenti ufficiali.

Ci sono poi piattaforme, come TikTok, che non prevedono una procedura diretta.

L’account resta attivo fino a quando non viene rilevata un’anomalia prolungata nell’utilizzo.

Per questo è importante controllare le impostazioni dei propri profili digitali e, se possibile, indicare anticipatamente chi potrà gestirli.

In assenza di indicazioni specifiche, gli eredi si trovano spesso davanti a ostacoli tecnici o giuridici, anche solo per recuperare contenuti personali come foto, messaggi o documenti.

Pianificare per tempo e informare i familiari sulle proprie scelte può prevenire molte complicazioni.

Per maggiore chiarezza, considerata l’importanza dell’argomento, condivido una tabella riepilogativa relativa alle principali piattaforme digitali e alle loro condizioni in caso di decesso.

 

Content creator e diritti digitali: cosa succede dopo la morte?

Per chi crea contenuti online (blogger, influencer, artisti digitali) –l’eredità digitale ha un valore economico concreto. Non si tratta solo di profili e archivi, ma anche di diritti d’autore, royalties, accordi pubblicitari e guadagni generati dalle proprie opere.

Tutelare questo patrimonio significa proteggere il frutto del proprio lavoro anche oltre la vita. Le creazioni digitali possono essere utilizzate, condivise o riprodotte in contesti non autorizzati, se non sono chiaramente gestite in termini legali e contrattuali.

Una corretta pianificazione permette ai diritti patrimoniali di continuare a produrre valore per gli eredi, assicurando la continuità di un’attività spesso costruita nel tempo con dedizione.
Va anche considerato che non tutti i contenuti digitali hanno la stessa longevità:

  • Alcuni restano attivi nel tempo e continuano a generare reddito.
  • Altri si esauriscono rapidamente o perdono rilevanza.
  • Alcuni decadono con la scomparsa dell’autore.
  • Altri sopravvivono solo finché c’è una sponsorizzazione attiva.

 

Sapere in quale categoria rientra ciò che si produce è essenziale per costruire una strategia efficace di protezione e trasmissione.

 

Royalties, accesso e diritti d’autore: le sfide per gli eredi
I diritti patrimoniali d’autore sono trasmissibili agli eredi. Questo significa che, in linea di principio, le royalties continuano a maturare anche dopo la morte del creatore. Se l’opera mantiene valore nel tempo, può costituire una fonte di reddito rilevante. Ma tra teoria e pratica si aprono diverse difficoltà.

Di seguito presento e spiego i principali ostacoli che gli eredi si trovano ad affrontare e che devono superare.

 

Accesso agli account
Il primo problema è sapere dove sono custoditi i contenuti e con quali credenziali accedervi.

Senza indicazioni chiare, l’identificazione degli account può richiedere tempo e comportare richieste legali complesse. Alcune piattaforme offrono procedure, ma ogni caso è diverso e spesso serve una documentazione specifica.

 

Termini di servizio
Ogni piattaforma ha condizioni contrattuali proprie. Alcune permettono la gestione post mortem, altre prevedono l’eliminazione automatica o pongono limiti al trasferimento dei contenuti.

È importante conoscere e comprendere bene questi termini, anche con l’aiuto di un legale esperto.

 

Gestione dei diritti d’autore
In Italia, salvo diverse disposizioni testamentarie, i diritti restano in comunione ereditaria.

Gli eredi devono quindi gestire l’opera insieme, riscuotere le royalties e prendere decisioni su licenze o utilizzi futuri. In caso di conflitti o usi non autorizzati, è possibile intervenire legalmente, ma serve una chiara documentazione e un progetto patrimoniale ben costruito.

 

Diritti morali e patrimoniali
Non tutti i diritti d’autore sono uguali. Esistono quelli economici (riproduzione, distribuzione, etc.) e quelli morali (diritto al nome, all’integrità dell’opera).

I secondi non sempre sono trasferibili o esercitabili con la stessa flessibilità. Gli eredi devono distinguere con attenzione tra questi due ambiti per proteggere sia il valore dell’opera che la volontà del creatore.

 

Successioni internazionali e piattaforme estere: come tutelarsi?

Per gli eredi di un content creator, le difficoltà aumentano quando le piattaforme hanno sede all’estero. Le principali piattaforme digitali (da Google a Meta, passando per Apple e X) operano in giurisdizioni differenti, molte delle quali non appartengono all’Unione Europea.

Per affrontare successioni transfrontaliere, l’UE ha introdotto il Regolamento (UE) n. 650/2012, in vigore dal 17 agosto 2015.

Questo strumento ha semplificato la gestione delle eredità internazionali, introducendo un documento unificato: il Certificato Successorio Europeo (CSE).
Con il CSE, gli eredi possono dimostrare la propria legittimità in qualsiasi Stato membro aderente, senza dover affrontare procedure duplici. È valido in tutti i Paesi UE ad eccezione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito, ma è riconosciuto anche da Norvegia, Islanda e Liechtenstein.

Il CSE rappresenta uno strumento prezioso per chi deve gestire contenuti digitali o royalties generate in Europa, permette di semplificare le operazioni legate a piattaforme che hanno sedi dislocate in più Paesi europei, come Apple in Irlanda o Google in Olanda.

Diverso è il discorso per le piattaforme extra UE. In questi casi, bisogna fare riferimento ai trattati bilaterali tra l’Italia e il Paese in cui ha sede l’azienda. Ogni trattato può prevedere regole specifiche sulla trasmissibilità dei diritti digitali, l’accesso agli account e la tassazione delle royalties.

Un’ulteriore complessità riguarda la presenza o meno di una stabile organizzazione della piattaforma nel Paese in cui risiede l’erede. Se manca, le piattaforme potrebbero rifiutare qualsiasi interlocuzione diretta con gli eredi.

Pianificare per tempo e con gli strumenti giusti permette di superare anche questi limiti, evitando contenziosi e salvaguardando la memoria digitale e il valore economico delle opere.

 

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Testamento digitale, mandato post mortem e altri strumenti utili
Che si tratti di ricordi personali o di diritti economici rilevanti, è importante organizzare per tempo la gestione del proprio patrimonio digitale. Ecco gli strumenti principali che possono essere utilizzati, anche con l’assistenza di un professionista.

 

Testamento digitale
È un documento in cui si indicano le proprie volontà riguardo alla gestione dei beni digitali.

Può includere l’elenco degli account, delle piattaforme usate, delle password o delle indicazioni su chi dovrà gestire i contenuti e le eventuali royalties.

In Italia non esiste ancora una disciplina specifica, ma è possibile redigere un testamento olografo o notarile con disposizioni su questi aspetti. In caso di testamento olografo, è consigliabile limitarne l’ambito ai soli beni digitali, per evitare sovrapposizioni con il patrimonio tradizionale.

Un documento legale in cui si possono esprimere le proprie volontà riguardo ai beni digitali, inclusi account, contenuti e diritti economici. Questo strumento sta guadagnando sempre più importanza nel contesto odierno, dove una parte significativa del patrimonio di una persona può consistere in beni digitali e opere creative online.

Per i content creator, questo può specificare chi dovrà gestire i diritti d’autore e percepire le royalties, garantendo così che le loro opere continuino a generare valore anche dopo la loro scomparsa. Anche se in Italia non esiste una legge specifica, può essere redatto e registrato presso un notaio, il che conferisce una maggiore sicurezza giuridica alle volontà espresse.

 

Il testamento digitale può, in modo semplificato, essere considerato come un testamento olografo che nomina un esecutore testamentario, limitandosi alla gestione, cancellazione o trasmissione degli account e delle password. Questo approccio è stato concepito per garantire che la volontà del creator riguardo alla sua vita digitale venga rispettata e gestita in modo appropriato.

Infatti, con la crescente importanza della presenza online, è fondamentale avere un piano chiaro per la gestione delle proprie informazioni virtuali dopo la morte. Per evitare che l’esecutore testamentario sia coinvolto nella gestione di altri beni del creator, come conti bancari, immobili, quote sociali e altri beni di valore economico, il testamento digitale deve limitare la sua gestione e integrare il mandato post mortem. In questo modo, il processo di successione risulta semplificato e mirato, riducendo al minimo le complicazioni legate alla gestione patrimoniale tradizionale.

Inoltre, tale modalità consente anche una maggiore protezione della privacy e dei dati personali del creator, garantendo che le sue informazioni sensibili siano trattate con la dovuta attenzione e rispetto.

 

Mandato post mortem
Permette di incaricare una persona di fiducia, anche diversa dall’esecutore testamentario, a gestire operativamente l’eredità digitale. Il mandatario può accedere ai contenuti, comunicare con le piattaforme, recuperare credenziali, riscuotere guadagni e conservare le impostazioni degli account. È una soluzione flessibile, utile anche in presenza di aspetti tecnici non alla portata dei familiari.

Permette di nominare una persona di fiducia (Fiduciario) per gestire operativamente gli account e i dati digitali dopo la morte, fornendo anche le credenziali necessarie. Questa figura diventa importante per evitare conflitti tra gli eredi e per assicurare una transizione senza problemi e professionale della gestione degli asset digitali. Per i creator, un mandatario può essere incaricato di comunicare con le piattaforme o di riscuotere pagamenti, permettendo così una continuità nella gestione economica delle loro opere. Esso può o non può coincidere con l’esecutore testamentario. Per esempio, si potrebbe nominare un parente come esecutore testamentario, anche se non ha competenze in tecnologia, per poi affidare il mandato post mortem al tecnico di fiducia.  

 

Combinazione testamento e mandato
La soluzione più completa è utilizzare entrambi gli strumenti.

Il testamento stabilisce chi ha il diritto di disporre dei beni digitali, mentre il mandato post mortem affida a una persona competente la gestione concreta degli account. In questo modo si coprono sia gli aspetti legali che quelli operativi, con maggiore tutela per gli eredi.

L’ideale è sempre combinare un testamento digitale, che stabilisce chi ha il diritto di disporre dei beni digitali, con un mandato post mortem, che affida a un Fiduciario la gestione pratica degli account. Questa sinergia offre protezione giuridica e garantisce anche che le volontà dell’individuo siano rispettate in modo efficiente. Questo permette di coprire sia gli aspetti legali che operativi e di pianificare in modo completo il futuro digitale. Un’altra differenza tra avere la stessa persona come esecutore testamentario e mandatario post mortem e l’opzione di avere due persone diverse è che, se la prima persona viene a mancare, si dovrà rifare sia il testamento che il mandato post mortem.

Al contrario, se si tratta di due soggetti distinti e uno di loro ci lascia, sarà sufficiente modificare uno dei due strumenti giuridici.

 

Funzioni “legacy” delle piattaforme
Alcune piattaforme, come Facebook, Instagram, Google, consentono di designare un contatto erede direttamente nelle impostazioni dell’account. È utile attivare questa funzione quando disponibile, per semplificare le procedure in caso di decesso.

Queste funzioni possono non solo facilitare il processo di successione digitale, ma anche garantire che i ricordi e i contenuti preziosi rimangano accessibili ai cari. È fondamentale informarsi e utilizzare queste opzioni per evitare che i propri dati vengano abbandonati o persi nel cyberspazio.


Conservare in modo protetto e aggiornato un elenco degli account digitali, con le relative password, è fondamentale. Può essere gestito attraverso un password manager, ma è importante ricordare di disattivare il riconoscimento facciale per evitare blocchi futuri. Solo chi possiede le credenziali potrà accedere ai dati, quindi meglio evitare modalità d’accesso che dipendono esclusivamente dalla biometria.

Inoltre, è consigliabile rivedere e aggiornare regolarmente queste informazioni, assicurandosi che siano allineate con eventuali cambiamenti nei propri account o valori digitali.

 

Una corretta gestione delle credenziali può fare la differenza nel garantire una transizione armoniosa e rispettosa delle proprie volontà.

 

Protezione e pianificazione dell’eredità digitale per content creator

Per i content creator che operano online, la pianificazione dell’eredità digitale non è un tema secondario. Coinvolge diritti economici, fiscalità, identità professionale e la trasmissione ordinata del patrimonio generato nel tempo. Ma prima di tutto, è fondamentale fare chiarezza su un aspetto troppo spesso trascurato: la residenza fiscale.

Esistono due categorie di creator:

  1. Chi è fiscalmente residente in Italia e opera nel rispetto della normativa.
  2. Chi risiede all’estero solo formalmente, ma in realtà continua a vivere, lavorare o mantenere legami economici e familiari in Italia.

 

Su quest’ultimo punto, non è possibile essere ambigui: dichiararsi residenti altrove per evitare le imposte italiane, pur vivendo stabilmente nel Paese o mantenendo qui affetti, relazioni o interessi economici, è un reato fiscale.

Anche chi resta in Italia può ottenere un trattamento fiscale competitivo. Grazie all’attuale assetto normativo, incluse le Circolari dell’Agenzia delle Entrate, le recenti leggi e il D. Lgs. 139/2024, è oggi possibile strutturarsi in modo tale da ottenere una Global Tax del 26,96%, intesa come somma dell’imposizione societaria e di quella personale.

Durante diversi incontri all’estero, molti content creator mi hanno mostrato simulazioni dei loro commercialisti che indicano una tassazione italiana al 54%. Se così fosse, la scelta di trasferirsi sarebbe comprensibile. Ma se non è vero, allora è il caso di considerare una pianificazione legale e sostenibile direttamente in Italia.
Attenzione anche al nuovo testo dell’art. 2 del TUIR: la residenza fiscale si presume in Italia anche per chi vive all’estero tutto l’anno ma ha qui il proprio coniuge o i figli.

 

Struttura operativa: individuale o societaria?

Un altro nodo riguarda la forma con cui il creator lavora. In molti casi è possibile e consigliabile effettuare il passaggio da persona fisica a società di persone, anche senza modificare l’account presso le piattaforme digitali.
Esistono infatti margini normativi, anche a livello europeo, che consentono l’aggiornamento dei dati di fatturazione pur mantenendo il profilo attivo. Le piattaforme che lo impediscono rischiano di violare i principi della CEDU, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Costituire una società consente di conferire i diritti e le royalties all’interno di un’entità giuridica, rendendo il processo successorio più semplice e meno esposto a interpretazioni soggettive.

Le quote sociali sono infatti beni mobili registrati e quindi trasmissibili per successione con chiarezza e ordine.

Attraverso strumenti come un testamento digitale e un mandato post mortem, è inoltre possibile nominare un soggetto fiduciario, ad esempio un professionista tecnico, che assuma temporaneamente la gestione dell’account a favore della società, garantendo continuità.

Un altro aspetto da non trascurare è l’impatto del patrimonio digitale e dei relativi redditi sui propri familiari. In alcuni casi, se i diritti restano intestati personalmente al creator, la successione può avere effetti negativi sui soggetti più fragili, come figli minorenni, coniugi, genitori anziani o familiari con dipendenze o patologie.

I rischi non sono solo fiscali, ma anche patrimoniali, psicologici e relazionali.

Per questo è importante predisporre un assetto che protegga il creator in vita e i suoi eredi dopo la morte, isolando i beni da eventi traumatici, crisi personali, separazioni, pignoramenti o contenziosi futuri.

 

Per approfondire l’argomento, guarda il video sul canale YouTube di Piero Di Bello. Ospite della puntata è Giangiacomo Fanizzi, esperto di Intelligenza Artificiale e Information Technology.

 

Trust Digitale: lo strumento perfetto per proteggere contenuti e guadagni

Tutti questi obiettivi possono essere raggiunti con un solo strumento: il Trust digitale.

Conferendo le quote di una società di persone all’interno del Trust, il creator mantiene il controllo operativo come socio d’opera, pur non essendo più il proprietario diretto del patrimonio.

In caso di decesso, è il Trust , non la persona fisica, a detenere e gestire gli asset, secondo quanto stabilito nell’atto istitutivo.

Questo permette di:

  • Evitare la dichiarazione di successione per i beni digitali.
  • Ridurre l’imposizione fiscale a una Global Tax del 26,96% (a prescindere dall’ammontare degli utili).
  • Garantire continuità gestionale.
  • Proteggere i diritti da qualsiasi evento negativo.

Nel Trust è possibile anche indicare chi sarà il gestore dell’account digitale o del password manager dopo la morte, assicurando che le piattaforme restino attive, gli introiti continuino ad arrivare e il patrimonio non si disperda.

Tutto questo ha una base giuridica solida:

  • Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, ratificata in Italia con Legge n. 364/1989.
  • Inserimento del Trust nel TUIR (artt. 73, 75, 87, 89), nel DPR 600/73 art. 27, e nel nuovo Testo Unico delle Successioni e Donazioni con il D. Lgs. 139/2024.
  • Riconoscimento in numerose circolari dell’Agenzia delle Entrate (47/E/2007, 61/E/2010, 10/E/2015, 34/E/2022).
  • Riferimento nella Legge sul Dopo di Noi (n. 112/2016), dove il Trust è indicato come strumento privilegiato per tutelare soggetti fragili.

 

Per chi desidera una soluzione stabile, efficace e capace di durare nel tempo, il Trust Digitale rappresenta uno degli strumenti giuridici più evoluti.


Questo strumento giuridico può essere utilizzato sia dagli utenti più attenti alla propria identità online, sia dai content creator che gestiscono un’attività economica legata alla produzione e monetizzazione di contenuti digitali.

Il Trust consente di conferire al suo interno i diritti economici e operativi legati alla vita digitale dell’individuo: account, royalties, licenze, credenziali e anche le quote di una società che gestisce gli introiti online. L’intestatario non ne è più proprietario diretto, ma ne beneficia come primo beneficiario del Trust.

Quando il creatore viene a mancare, non è necessario presentare alcuna dichiarazione di successione. L’asset digitale rimane nel Trust, gestito dal Trustee e da eventuali altri soggetti nominati (come un amministratore tecnico), secondo le regole definite nell’atto istitutivo.
Tutto continua a funzionare, senza interruzioni né rischi per gli eredi.

Inoltre, grazie a un corretto assetto societario e fiduciario, si può accedere a un’imposizione fiscale globale massima del 26,96%. Questa aliquota può valere sia per chi ha ricavi annuali di poche migliaia di euro, sia per chi opera su larga scala con introiti da centinaia di migliaia o milioni.

Grazie al Trust digitale, è possibile:

  • Ridurre drasticamente la pressione fiscale su diritti e royalties digitali.
  • Evitare blocchi o contenziosi successori.
  • Garantire la continuità operativa del lavoro online.
  • Proteggere gli eredi da crisi personali, divorzi, pignoramenti o debiti imprevisti.

 

Cosa accade nel caso di una S.R.L.? La logica resta la stessa. Può variare il livello di tassazione, ma si può valutare una trasformazione regressiva in società di persone per rientrare nel perimetro del Trust. In ogni caso, esistono soluzioni personalizzabili.

 

L’eredità digitale è un tema complesso che richiede una riflessione proattiva sia da parte degli utenti che dei creatori di contenuti.

Agire oggi, con consapevolezza e visione, è il miglior modo per lasciare ordine, valore e libertà a chi verrà dopo di noi.

 

 

 

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