L’Azione di Riduzione (art. 553 e ss c.c.) è un’azione che il legislatore concede ai legittimari per ottenere la reintegrazione della legittima (detta anche quota di riserva) mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni eccedenti la quota di cui il testatore poteva disporre (detta quota disponibile).
L'azione di riduzione ha carattere personale, rivolgendosi contro i destinatari delle disposizioni lesive della quota dei legittimari, rendendo inefficaci, nei confronti degli attori, le disposizioni ereditarie e le donazioni che abbiano leso i diritti sulla quota di legittima di questi.
Ciò premesso diviene utile per l’esamina della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione sul quesito in oggetto.
Orbene, i creditori del legittimario pretermesso possono surrogarsi al proprio debitore rimasto inerte, esercitando l’azione di riduzione a questi spettante.
Il fruttuoso esercizio dell’azione non comporta l’acquisto della qualifica di erede da parte del legittimario, né tanto meno da parte del creditore, ma consente a quest’ultimo di soddisfare le proprie ragioni rendendo inefficaci le disposizioni lesive della quota di riserva, pregiudizievoli anche per il terzo.
Questo è quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, che con la sentenza n.16623 del 20 giugno 2019 opera un delicato bilanciamento tra la libertà del debitore-delato di autodeterminarsi e l’interesse dei suoi creditori a non veder vanificare le proprie ragioni.
Per le suddette motivazioni è auspicabile che il potenziale erede si rivolga ad un consulente patrimoniale per farsi aiutare a proteggere la propria eredità molto prima che l'evento inatteso trasformi la propria posizione in erede effettivo.