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Avviso ai furbetti: trasferire la sede all'estero non vi salva dal fallimento!

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Avviso ai furbetti: trasferire la sede all'estero non vi salva dal fallimento!
Non si sfugge alla dichiarazione di fallimento trasferendo all'estero, effettivamente o fittiziamente, la sede di una società italiana: lo afferma la Cassazione con l'ordinanza n.10793 del 4 maggio 2018. Le società possono essere dichiarate fallite entro un anno dalla cancellazione dal Registro delle Imprese se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o almeno entro l’anno successivo. Lo prescrive la Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267) che, all'articolo 10, precisa: "Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal Registro delle Imprese, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il Pubblico Ministero di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine del primo comma". Se una società delibera il trasferimento della sede all'estero ne avviene, in effetti, la sua formale cancellazione dal Registro delle Imprese: si pone così il tema dell’applicabilità, nel caso specifico, della norma di cui al predetto articolo 10 della Legge Fallimentare. La Cassazione replica decisamente in senso negativo, sia nel caso in cui il trasferimento all'estero sia soltanto un espediente fittizio, sia nel caso in cui il trasferimento avvenga effettivamente. La ratio della pronuncia, in entrambi i casi, sta nell'operatività dell'articolo 10 della Legge Fallimentare, la quale deve essere circoscritta al caso di cancellazione della società dal Registro delle Imprese a seguito di cessazione dell’attività imprenditoriale, non potendo invece trovare applicazione analoga nel caso della cancellazione della società dal registro camerale a seguito di trasferimento all'estero della sede sociale. Quanto al trasferimento effettivo, la Cassazione argomenta che, laddove la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese italiano sia avvenuta non a compimento del procedimento di liquidazione dell'ente bensì come conseguenza del trasferimento all'estero della sede della società (e quindi sull'assunto che questa continui, invece, a svolgere attività imprenditoriale, benché in altro Stato), l’articolo 10 della Legge Fallimentare non trova applicazione, in quanto tale trasferimento non determina il venir meno della continuità giuridica della società trasferita e non ne comporta, perciò, in alcun modo la cessazione dell'attività. Anche con riferimento al caso in cui il trasferimento della sede all'estero sia solamente fittizio l'articolo 10 della legge fallimentare non può trovare applicazione, in quanto neppure in questo caso viene meno la continuità giuridica della società trasferita all'estero. Del resto, non ne consegue in alcun modo la cessazione dell'attività imprenditoriale, la quale invece continua ad essere svolta nel territorio dello Stato. Tutto ciò considerato è evidente che una società in "crisi d'impresa" dovrebbe rivolgersi senza indugio a professionisti seri, che siano in grado di supportarla adeguatamente e sappiano anche integrare nella organizzazione contabile, fiscale e consulenziale, un sistema di preallarme, per ridurre al minimo le conseguenze economiche e penali delle proprie scelte.
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