Non è una donazione indiretta la cointestazione di un conto corrente bancario, pattuita in sede di divorzio tra due ex coniugi a vantaggio dei figli minorenni, qualora gli apporti al conto corrente siano effettuati da uno solo dei cointestatari.
Anche l’Agenzia delle Entrate riconosce che, nel caso prospettato, manca il requisito dello spirito di liberalità in quanto si tratta dell’adempimento di un obbligo che i coniugi hanno contratto in sede di procedura di divorzio per garantire il mantenimento dei propri figli.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, per aversi una donazione indiretta vi deve essere un arricchimento del beneficiario, realizzato per spirito di liberalità, tramite atti diversi dalla donazione formale; elemento comune della donazione, sia diretta che indiretta, oltre all’arricchimento del beneficiario, è infatti l’animus donandi.
La risposta è presente nell’implicito presupposto che, ove nel caso osservato si fosse configurata una donazione indiretta, si sarebbe trattato di una fattispecie imponibile di rilievo ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione. Ma sul punto vi sarebbe un lungo ragionamento da svolgere, in quanto l’imposta di donazione presuppone l’esistenza di un “atto”, ciò che invero manca nel caso in cui si osservi un’attività consistente nel mero accredito su un conto corrente bancario.