Nel caso in cui la sottoscrizione apposta ad un testamento risulti essere apocrifa, ovvero non autentica, il testamento è da considerarsi inesistente.
Pertanto non trova applicazione la possibilità di conferma od esecuzione della disposizione testamentaria da parte degli eredi di cui all’art. 590 c.c. e sarà necessario ricorrere alle regole della successione legittima.
La questione di legittimità, sottoposta all’esame dei giudici, è nata in seguito al ricorso proposto da un uomo, nei confronti del padre e dei due fratelli, al fine di far dichiarare la non autenticità del testamento olografo della madre, il quale conteneva la designazione del coniuge della testatrice quale proprio unico erede.
Il Tribunale con la pronuncia di primo grado e successivamente la Corte di Appello, rigettano l’istanza avanzata dall’attore, rilevando come, pur trovandosi di fronte ad una scheda testamentaria non autentica, i tre figli, compreso l’attore, in sede di pubblicazione hanno confermato le disposizioni testamentarie, dando ad esse volontaria esecuzione.
Considerato che ciò è avvenuto nella consapevolezza della falsità del testamento, a parere della Corte di Appello deve trovare applicazione la sanatoria prevista dall’art. 590 c.c.
Come rilevato dai giudici di secondo grado, la non autenticità del testamento era nota a tutti gli interessati, la cui adesione è fondata sulla consapevolezza che, in ogni caso, il contenuto dello stesso fosse conforme alla volontà del de cuius.
La parte attrice, rimasta soccombente in primo e secondo grado di giudizio, ricorre alla Corte di Cassazione, eccependo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 590 c.c., rilevando come la sanatoria da esso prevista non può operare nei confronti di un testamento non autentico.
Secondo il ricorrente, una volta accertato che il testamento non fosse stato scritto dalla defunta, bensì dalla figlia, la Corte di Appello avrebbe dovuto farne discendere l’inesistenza e la conseguente apertura della successione.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, “l’art. 590 c.c. nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria da parte degli eredi, presuppone per la sua operatività, l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria, che sia comunque frutto della volontà del de cuius, sicché detta norma non trova applicazione nelle ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude la riconducibilità dello stesso al testatore”.
(Cass. Civ., n. 11195/2012; Cass. Civ., n. 13487/2005).
La Corte di Cassazione, nel giudicare il caso di specie, ha affermato che, verificata la non autenticità del testamento, quale conseguenza vi è la non operatività del meccanismo della sanatoria di cui all’art. 590 c.c.