Abbiamo già parlato nei
precedenti articoli del
concetto di residenza fiscale secondo la
norma interna (Articolo 2 del TUIR) e la
norma convenzionale (cd.
Convenzione contro le Doppie Imposizioni).
Nell’articolo di oggi approfondiremo l’
importanza di iscriversi all’AIRE in caso di trasferimento all’estero e le conseguenze della mancata iscrizione alla stessa.
I cittadini che trasferiscono la propria residenza all’estero per periodi superiori a 12 mesi
sono obbligati ad iscriversi all’AIRE.
L’iscrizione all’AIRE risulta essere un
presupposto formale essenziale, anche se non sufficiente,
per radicare la propria residenza fiscale in uno Stato diverso dall’Italia. La
mancata iscrizione all’AIRE comporta il riconoscimento in Italia della residenza fiscale a cui consegue l’
imposizione italiana sul reddito mondiale.
Si ricorda, infatti, che per
i soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato vale il principio
world wide taxation in base al quale essi
devono dichiarare in Italia tutti i redditi prodotti, anche quelli generati all’estero, beneficiando per questi ultimi, se ne ricorrano le condizioni, di un credito d’imposta sulle imposte pagate all’estero.
Per l’Agenzia delle Entrate e per la giurisprudenza prevalente
l’iscrizione all’AIRE è una presunzione legale assoluta che non prevede la possibilità di una prova contraria. Pertanto,
il lavoratore trasferito all’estero non iscritto all’AIRE non può dimostrare, neanche attraverso idonee prove documentali, che la sua reale residenza sia effettivamente all’estero; i redditi dallo stesso percepiti all’estero saranno, pertanto,
assoggetti a tassazione ai fini IRPEF.
Se sei italiano e lavori o produci un reddito in uno Stato estero e non ti sei iscritto all’AIRE,
contattaci senza impegno per un’analisi della tua posizione fiscale.
Prima di contattami per ottenere un preventivo di intervento specifico per il tuo caso, ti invito a leggere le
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